16 Dicembre, 2022 - 1 Commento

BUON COMPLEANNO, LATINA
PER I TUOI 90 ANNI

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Buon compleanno Latina!

Hai raggiunto quasi felicemente i tuoi primi 90 anni. Te li sei guadagnati sopravvivendo ancora giovanissima (avevi soltanto 12 anni) ad una guerra scatenata stupidamente (per non dire di peggio) da chi pensava di potersi opporre ai carri Sherman, T-34 e Centurion le “scatole di sardine” o carri di Upim dell’Esercito italiano. E questi 90 anni fanno, forse, definitivamente giustizia degli sforzi di ridare a Latina il suo nome di origine: si chiamava, come tutti sappiamo, Littoria e voleva, a tutta evidenza, richiamare i miti suscitati dal fascismo. Basterà considerare questi fatti: che Littoria è vissuta (col suo nome) soli 13 anni, mentre i restanti 77 li ha vissuti col nome di Latina; che di Littoria rimane ben poco sia sotto l’aspetto urbanistico che degli edifici; che degli originari “littoriani” non esiste forse più alcun sopravvissuto; e, infine, che la guerra è stato un muro innalzato dalla storia tra il prima fascista e il dopo democratico. Né va dimenticato che a introdurre la cerimonia del ricordo della fondazione della nostra Città è stato un ex partigiano combattente, democristiano, Vittorio Cervone, che sarebbe in seguito divenuto ministro dell’Italia repubblicana. Fu, difatti Cervone, che, che alla fine degli anni Quaranta del XX secolo decise di proporre al Consiglio comunale di Latina, che presiedeva quale Sindaco, questo giusto ricordo.

Buon compleanno, dunque, Latina!

 

15 Novembre, 2022 - Nessun Commento

7/LATINA E L’AGRO PONTINO TRA GUERRA E DOPOGUERRA
IL BOOM ECONOMICO E LA CRESCITA CULTURALE

Di Pier Giacomo Sottoriva

Siamo ormai alla fine degli anni Cinquanta, nei quali l’Italia inizia a percorrere quella che è passata alla storia nostrana come l’età del boom economico, contrassegnato da un simbolo, l’auto 600 della Fiat, che diventa oggetto del desiderio di milioni di famiglie, seguita dalla 500. La corsa ai beni  durevoli (elettrodomestici soprattutto) viene facilitata dalla politica dell’indebitamento delle famiglie, con il massiccio ricorso alle rateizzazioni e alle cambiali, croce e delizia dei nuovi borghesi. Ma questi fenomeni portano con sé anche una rinnovata crescita dei prezzi ed una inflazione che crescerà fortemente negli anni successivi, quando i tassi di interesse passivo nelle banche supereranno il 20%: una gigantesca inflazione.

Tra le altre ferite che la guerra aveva lasciato a Littoria, va sicuramente inclusa la dispersione della Galleria provinciale d’arte moderna, ricca di oltre 400 dipinti di artisti del Novecento. Era uno dei pochi punti di riferimento stabili di una forma di cultura a Littoria, e passeranno decenni prima che essa possa essere ricostituita, sia pure incompleta. Il contesto culturale postbellico, comunque, si abbevera alla nuova libertà che viene introdotta nella scuola pubblica e che circola nell’intera società. Ma va oggettivamente riconosciuto che questo tema non è quello sul quale si appuntano i maggiori interessi del dopoguerra, sopraffatti dall’obbligo di soddisfare bisogni di sopravvivenza e di ricomposizione della ordinarietà della vita quotidiana. La nuova libertà delle coscienze, comunque, è un vigoroso combustibile per una ripresa delle forme associative, tra politica e cultura, e tra esse le strutture giovanili di partito, ad iniziare in particolare dalla Figc, che fu la più attiva e che contò un numero progressivamente maggiore di giovani. E’ la riappropriazione degli spazi di libertà dopo la monocultura della educazione giovanile imposta dal fascismo, che aveva messo da parte anche le forme di aggregazione giovanile religiosa, come l’Azione Cattolica. Ma soprattutto si sviluppa una richiesta di partecipazione delle donne ai processi di sviluppo e di gestione dello sviluppo, che in Agro pontino si affermano con l’industrializzazione che vede molte fabbriche assorbire impiegate più che impiegati. E vi è anche l’affermarsi di quella nuova voce della cultura della società industriale, poi trasferitasi in tutti i campi del pensiero, che furono i Circoli di Comunità che risalivano ad Adriano Olivetti. In provincia ne nacquero tre, con diverse sorti e diversa forza e durata: a Latina, a Bassiano e soprattutto a Terracina. Essi si ponevano come alternativa all’azione di proselitismo giovanile che perseguivano i partiti politici, che puntavano all’indottrinamento: il Pci inviava i suoi migliori spiriti ad imparare in Russia la politica e l’argomentare. Gli Stati Uniti, dal canto loro, operavano sia con cospicui finanziamenti soprattutto alla DC, sia con mezzi indiretti, come l’Usis, l’United States Information Service, che operava a via Veneto a Roma e che rifornì di ottimi libri di ogni disciplina e di ogni credo politico le biblioteche dei circoli dell’epoca – io ricordo in particolare il Circolo Universitario di Formia, che beneficiò di sostanziose donazioni di libri, di filmati e di musica su aspetti della vita e della cultura americana.

Le scuole di base, anche se gli edifici erano stati in vario modo danneggiati dalla guerra, furono riattivate fin dal primo anno scolastico dopo la fine della guerra, ossia dal 1944, sia pure come scrisse il Provveditorato agli Studi dell’epoca, ”a scartamento ridotto e a turni alternati”. Ma il Comune di Latina lamentava i ritardi nella messa in sicurezza degli edifici, specie di campagna. Solo in un secondo, breve momento si riattiveranno le scuole secondarie (in partiucolare l’Istituto Vittorio Veneto per ragionieri e Geometri) di Latina.

I lasciti del fascismo, a partire dalle forme di competizione culturale, alle occasioni di raduni forzosi, simboleggiati nel sabato fascista, o nei carri di Tespi che giravano la periferiaper fare teatro e lirica, erano materiale non ulteriormente utilizzabile, per cui si dovette inventare una nuova cultura libera. Essa iniziò con l’ascolto delle trasmissioni radio, che, già usate come strumento di propaganda fascista e di informazione unilaterale attraverso soprattutto le “Radio Balilla” e i circoli dell’Ond, svolgevano anche una funzione aggregante, cui riuscì ad opporsi in tempo di guerra solo il rischioso ascolto di Radio Londra del colonnello Stevens. Le nuove trasmissioni introducono accanto ai classici passaggi del radiodramma, del teatro e di qualche concerto, il nuovo genere rappresentato dalle trasmissioni di intrattenimento e di varietà, di cui furono primi conduttori i popolarissimi Corrado Mantoni e Nunzio Filogamo. Dopo il lancio del primo festival di San Remo (1951), anche la canzone diventa un genere di grande e progressivo consumo. E il cinema lancia i suoi nuovi linguaggi, che abbandonano le antiche saghe dell’eroismo combattente, per imboccare le strade più malinconiche ed attuali del Neorealismo. Ad esso si accompagna un altro strumento di comunicazione che è il c.d. film-luce, ormai assurto, dopo le trasmissioni a servizio del regime nella guerra, a canale di libera informazione, anche se pilotata sempre secondo i canoni che la “guerra fredda” consigliava. Così non c’era film che non fosse preceduto da una “Settimana Incom” o da altri meno organizzati documentari di aggiornamento e di cronaca. E’ assai difficile considerarlo un genere culturale, ma sicuramente diventa un genere di costume sociale l’abitudine di far precedere i film da performance d’avanspettacolo, che non a caso assume quel nome. A Littoria-Latina i primi cinema sono quelli di Alvaro Dell’Aquila, nell’attuale via Diaz, e il Corso, che nasce da una trasformazione, piuttosto chiacchierata e non sempre trasparente, di un edificio comunale dato in affitto insieme all’edificio che ospitava l’Albergo Italia e il Bar Poeta. Più tardi verrà avviato anche il cinema Giacomini.

Si tenta anche una riscoperta della musica colta, affidata alla preparazione ed esecuzione della banda comunale, mentre nel mio personale ricordo la musica trova cittadinanza nella scuola media, dove valenti docenti provano a trasmettere la conoscenza di canti patriottici, barcarole e composizioni varie, insieme alle prime nozioni sull’apprendimento della musica scritta, mentre poco più in là l’Agimus (Associazione Giovanile Musicale), si incarica di organizzare a scuola concerti pomeridiani di musica da camera, introducendo una novità in assoluto. A Latina comincia ad operare nei primi anni Sessanta il Centro Servizi Cultuirali che farà da stimolo a diverse iniziative. Rinasce la prima libreria, di Ignazio Raimondo, che raccoglie l’eredità anteguerra della libreria Trisolini, e ad essa si accompagna la rinnovata funzione delle biblioteche comunali, ancora, però, ricche di libri sulle avventure coloniali, sulle conquiste del fascismo ecc. Anche qui si compie un lavoro di ripulitura e di integrazione, non sempre immediato, perché si correrebbe il rischio di svuotare di libri le biblioteche pubbliche. L’editoria nazionale dà una mano a questa spinta: nel 1949 nasce la collana della Bur, che riproduce in piccolo formato e a prezzo accessibile centinaia di titoli di autori classici, sui quali si formeranno generazioni di studenti e di lettori.

Funzione importante rivestono i giornali, molti dei quali scomparsi, perché accanto alle tradizionali testate, come Il Messaggero, Il Corriere della Sera, Il Giornale d’Italia, nascono e muoiono nuove testate: Momento e Momento Sera, Paese e Paese Sera (che introducono la novità della doppia edizione quotidiana, destinata ad esaurirsi in breve tempo), una serie di giornali di partito, insieme a riviste satiriche (Il Merlo Giallo, il Don Basilio, Il Travaso delle idee) e di varietà che presentano una novità, come i fumetti di Grand Hotel, che ebbe tirature eccezionali.  (7/fine)

 

 

7 Novembre, 2022 - Nessun Commento

6/ LATINA E L’AGRO PONTINO TRA GUERRA E DOPOGUERRA LA CASSA PER IL MEZZOGIORNO

di  Pier Giacomo Sottoriva

Il boom economico, la demografia, la cultura

A dare impulso allo sviluppo economico e alla sua trasformazione da agricolo a industriale e dei servizi, parte fondamentale la svolse, come si è accennato, un nuovo soggetto pubblico:la Cassa per il Mezzogiorno, istituita con legge 6 agosto 1950, n. 646, allo scopo di finanziare iniziative industriali nel sud d’Italia. Latina fu inclusa nel suo perimetro e la vicinanza a Roma agevolò una serie di insediamenti a partire dal triangolo Aprilia-Cisterna- Latina. L’intensità del fenomeno fu tale che, già nel 1955 erano stati insediati oltre 80 stabilimenti manifatturieri con più di 10 addetti (contro i 54 stabilimenti censiti nel 1951). Di conseguenza, dalla metà degli anni ’50 mutano rapidamente gli scenari economici e sociali con il decollo della presenza industriale in provincia, testimoniata dalle seguenti cifre  relative alle unità locali manifatturiere con oltre 10 addetti rilevate nei primi due censimenti: al 1951 esse erano 54, con 2.300 addetti, ma solo 6 di esse superavano i 100 dipendenti (era, significativamente, lo stesso numero della fase pre-bellica); nel 1961 le unità locali sono già divenute 153, con circa 9.500 addetti, mentre quelle con dimensione superiore a 100 arrivano a 24; nel 1971, infine, raddoppiano gli stabilimenti, giunti a 306, e triplicano gli addetti (25.800). Questi dati delineano l’andamento del processo di industrializzazione, per cui negli anni ’50 si consolida una prima struttura industriale di medie dimensioni, basata in particolare sui rami agro-alimentare e dei materiali edili. Negli anni ’60 si verifica la più consistente crescita del sistema manifatturiero, grazie soprattutto alla localizzazione di numerosi gruppi multinazionali: il saldo nel decennio è di 153 opifici con 16.300 addetti, che introducono nuovi rami produttivi: il metalmeccanico e l’elettronico, il chimico- farmaceutico e il tessile ed abbigliamento. Ne nasce un forte impulso all’urbanizzazione del territorio, che innesca nuova crescita delle attività di costruzione: le imprese edili passano da 105 del 1951, a 247 del 1961, a 835 del 1971 e alle 1.893 del 1981, quando l’occupazione di settore sfiora gli 8.400 addetti. In pochi anni, quindi, si registra una autentica rivoluzione, che non ha solo carattere settoriale, ma è di natura culturale, perché impone modifiche radicali dei comportamenti individuali e familiari, quando non addirittura di intere comunità: col pendolarismo, col sindacalismo, con l’esigenza di formazione scolastica, con l’utilizzo del tempo libero, e con una nuova forte mobilità immigratoria, sia dalla collina che dal Mezzogiorno d’Italia.

Gli effetti sono stati, insieme, sconvolgenti ed esaltanti: le risorse ambientali hanno subìto gravi danni, a causa della indiscriminata urbanizzazione di grandi parti del territorio; centri come Aprilia e Latina passano in qualche decennio da 7.000 a 40.000 e da 35.000 a 94.000 abitanti, mentre le zone più interne presentavano segni di spopolamento.

A Latina nascono nuovi centri di servizi e di promozione, sia pure con qualche diversificazione. Viene insediata la Dat (Direzione Aerea Territoriale) come strumento della Nato, con la scuola di telecomunicazioni; e viene iniziata la costruzione della centrale nucleare termoelettrica di Borgo Sabotino (costruita tra il 1958 e il 1962), che stimola la fantasia, sintetizzata dalla frase “dalla palude all’atomo”, che andò in voga in quegli anni, prima di passare al forte scetticismo e al rifiuto di una presenza giudicata ingombrante e pericolosa. E, difatti, la Centrale sarebbe stata chiusa nel 1987. (6/continua)

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