Di Pier Giacomo Sottoriva
Siamo ormai alla fine degli anni Cinquanta, nei quali l’Italia inizia a percorrere quella che è passata alla storia nostrana come l’età del boom economico, contrassegnato da un simbolo, l’auto 600 della Fiat, che diventa oggetto del desiderio di milioni di famiglie, seguita dalla 500. La corsa ai beni durevoli (elettrodomestici soprattutto) viene facilitata dalla politica dell’indebitamento delle famiglie, con il massiccio ricorso alle rateizzazioni e alle cambiali, croce e delizia dei nuovi borghesi. Ma questi fenomeni portano con sé anche una rinnovata crescita dei prezzi ed una inflazione che crescerà fortemente negli anni successivi, quando i tassi di interesse passivo nelle banche supereranno il 20%: una gigantesca inflazione.
Tra le altre ferite che la guerra aveva lasciato a Littoria, va sicuramente inclusa la dispersione della Galleria provinciale d’arte moderna, ricca di oltre 400 dipinti di artisti del Novecento. Era uno dei pochi punti di riferimento stabili di una forma di cultura a Littoria, e passeranno decenni prima che essa possa essere ricostituita, sia pure incompleta. Il contesto culturale postbellico, comunque, si abbevera alla nuova libertà che viene introdotta nella scuola pubblica e che circola nell’intera società. Ma va oggettivamente riconosciuto che questo tema non è quello sul quale si appuntano i maggiori interessi del dopoguerra, sopraffatti dall’obbligo di soddisfare bisogni di sopravvivenza e di ricomposizione della ordinarietà della vita quotidiana. La nuova libertà delle coscienze, comunque, è un vigoroso combustibile per una ripresa delle forme associative, tra politica e cultura, e tra esse le strutture giovanili di partito, ad iniziare in particolare dalla Figc, che fu la più attiva e che contò un numero progressivamente maggiore di giovani. E’ la riappropriazione degli spazi di libertà dopo la monocultura della educazione giovanile imposta dal fascismo, che aveva messo da parte anche le forme di aggregazione giovanile religiosa, come l’Azione Cattolica. Ma soprattutto si sviluppa una richiesta di partecipazione delle donne ai processi di sviluppo e di gestione dello sviluppo, che in Agro pontino si affermano con l’industrializzazione che vede molte fabbriche assorbire impiegate più che impiegati. E vi è anche l’affermarsi di quella nuova voce della cultura della società industriale, poi trasferitasi in tutti i campi del pensiero, che furono i Circoli di Comunità che risalivano ad Adriano Olivetti. In provincia ne nacquero tre, con diverse sorti e diversa forza e durata: a Latina, a Bassiano e soprattutto a Terracina. Essi si ponevano come alternativa all’azione di proselitismo giovanile che perseguivano i partiti politici, che puntavano all’indottrinamento: il Pci inviava i suoi migliori spiriti ad imparare in Russia la politica e l’argomentare. Gli Stati Uniti, dal canto loro, operavano sia con cospicui finanziamenti soprattutto alla DC, sia con mezzi indiretti, come l’Usis, l’United States Information Service, che operava a via Veneto a Roma e che rifornì di ottimi libri di ogni disciplina e di ogni credo politico le biblioteche dei circoli dell’epoca – io ricordo in particolare il Circolo Universitario di Formia, che beneficiò di sostanziose donazioni di libri, di filmati e di musica su aspetti della vita e della cultura americana.
Le scuole di base, anche se gli edifici erano stati in vario modo danneggiati dalla guerra, furono riattivate fin dal primo anno scolastico dopo la fine della guerra, ossia dal 1944, sia pure come scrisse il Provveditorato agli Studi dell’epoca, ”a scartamento ridotto e a turni alternati”. Ma il Comune di Latina lamentava i ritardi nella messa in sicurezza degli edifici, specie di campagna. Solo in un secondo, breve momento si riattiveranno le scuole secondarie (in partiucolare l’Istituto Vittorio Veneto per ragionieri e Geometri) di Latina.
I lasciti del fascismo, a partire dalle forme di competizione culturale, alle occasioni di raduni forzosi, simboleggiati nel sabato fascista, o nei carri di Tespi che giravano la periferiaper fare teatro e lirica, erano materiale non ulteriormente utilizzabile, per cui si dovette inventare una nuova cultura libera. Essa iniziò con l’ascolto delle trasmissioni radio, che, già usate come strumento di propaganda fascista e di informazione unilaterale attraverso soprattutto le “Radio Balilla” e i circoli dell’Ond, svolgevano anche una funzione aggregante, cui riuscì ad opporsi in tempo di guerra solo il rischioso ascolto di Radio Londra del colonnello Stevens. Le nuove trasmissioni introducono accanto ai classici passaggi del radiodramma, del teatro e di qualche concerto, il nuovo genere rappresentato dalle trasmissioni di intrattenimento e di varietà, di cui furono primi conduttori i popolarissimi Corrado Mantoni e Nunzio Filogamo. Dopo il lancio del primo festival di San Remo (1951), anche la canzone diventa un genere di grande e progressivo consumo. E il cinema lancia i suoi nuovi linguaggi, che abbandonano le antiche saghe dell’eroismo combattente, per imboccare le strade più malinconiche ed attuali del Neorealismo. Ad esso si accompagna un altro strumento di comunicazione che è il c.d. film-luce, ormai assurto, dopo le trasmissioni a servizio del regime nella guerra, a canale di libera informazione, anche se pilotata sempre secondo i canoni che la “guerra fredda” consigliava. Così non c’era film che non fosse preceduto da una “Settimana Incom” o da altri meno organizzati documentari di aggiornamento e di cronaca. E’ assai difficile considerarlo un genere culturale, ma sicuramente diventa un genere di costume sociale l’abitudine di far precedere i film da performance d’avanspettacolo, che non a caso assume quel nome. A Littoria-Latina i primi cinema sono quelli di Alvaro Dell’Aquila, nell’attuale via Diaz, e il Corso, che nasce da una trasformazione, piuttosto chiacchierata e non sempre trasparente, di un edificio comunale dato in affitto insieme all’edificio che ospitava l’Albergo Italia e il Bar Poeta. Più tardi verrà avviato anche il cinema Giacomini.
Si tenta anche una riscoperta della musica colta, affidata alla preparazione ed esecuzione della banda comunale, mentre nel mio personale ricordo la musica trova cittadinanza nella scuola media, dove valenti docenti provano a trasmettere la conoscenza di canti patriottici, barcarole e composizioni varie, insieme alle prime nozioni sull’apprendimento della musica scritta, mentre poco più in là l’Agimus (Associazione Giovanile Musicale), si incarica di organizzare a scuola concerti pomeridiani di musica da camera, introducendo una novità in assoluto. A Latina comincia ad operare nei primi anni Sessanta il Centro Servizi Cultuirali che farà da stimolo a diverse iniziative. Rinasce la prima libreria, di Ignazio Raimondo, che raccoglie l’eredità anteguerra della libreria Trisolini, e ad essa si accompagna la rinnovata funzione delle biblioteche comunali, ancora, però, ricche di libri sulle avventure coloniali, sulle conquiste del fascismo ecc. Anche qui si compie un lavoro di ripulitura e di integrazione, non sempre immediato, perché si correrebbe il rischio di svuotare di libri le biblioteche pubbliche. L’editoria nazionale dà una mano a questa spinta: nel 1949 nasce la collana della Bur, che riproduce in piccolo formato e a prezzo accessibile centinaia di titoli di autori classici, sui quali si formeranno generazioni di studenti e di lettori.
Funzione importante rivestono i giornali, molti dei quali scomparsi, perché accanto alle tradizionali testate, come Il Messaggero, Il Corriere della Sera, Il Giornale d’Italia, nascono e muoiono nuove testate: Momento e Momento Sera, Paese e Paese Sera (che introducono la novità della doppia edizione quotidiana, destinata ad esaurirsi in breve tempo), una serie di giornali di partito, insieme a riviste satiriche (Il Merlo Giallo, il Don Basilio, Il Travaso delle idee) e di varietà che presentano una novità, come i fumetti di Grand Hotel, che ebbe tirature eccezionali. (7/fine)