22 Marzo, 2013 - Nessun Commento

LA SUPER RAZZA DI MUSSOLINI
IN AGRO PONTINO SA DI BUFALA

Con imperdonabile ritardo mi occupo di un argomento apparso sul quotidiano Il manifesto del 2 giugno 2011, ma che riprendo dal blog di Lo Leggio: il tema è “I vivai umani del Duce. Eugenetica e bonifiche”. L’articolo nasce da una intervista concessa dallo storico americano della medicina Frank Snowden, autore di una bella storia della malaria in Italia (The conquest of malaria, tradotto da Einaudi qualche anno fa). Una bella storia che contiene una gravissima denuncia contro i nazisti, accusati di aver sabotato gli impianti della bonifica dell’Agro Pontino per puro spirito di vendetta contro gli Italiani traditori, allo scopo di scatenare una violenta epidemia malarica. L’epidemia, in effetti, ci fu nel 1944 (er non solo in Agro Pontino), ma Snowden trae motivo da essa per attribuirne le responsabilità ai nazisti che, francamente, non avevano bisogno di “abbellire” il loro palmarès degli orrori con questo exploit. Snowden, però, compie un errore grave per uno storico: attribuisce la colpa, ma non la dimostra con le carte, limitandosi a dire;: se si troveranno negli archivi i documenti che convalideranno questo pensiero, ecc. Ossia è solo un pensiero, storicamente non dimostrato. Per quanto mi riguarda e sulla base dei modesti studi e della modesta conoscenza che ho dei fatti di guerra svoltisi nell’ allora provincia di Littoria, quella epidemia si spiega in tutt’altro modo, il che significa che l’attribuzione ai nazisti è una bufala. E così mi merito l’appellativo di difensore degli stragisti.

Nell’articolo cui accenno all’inizio di questa nota, invece, Snowden attribuisce a Mussolini di aver concepito la migrazione di coloni (o non coloni) dal Friuli, Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo (e perché no, dallo stesso Lazio) ad un suo progetto di eugenetica. Ossia Mussolini avrebbe concepito e attuato, con l’aiuto del sottosegretario alle Migrazioni Interne (che si chiamava, guarda caso, Razza!) l’idea di impiantare nel suo amato Agro Pontino bonificato una nuova razza di superuomini, attraverso un’operazione di eugenetica che sarebbe passata attraverso la selezione dei migliori coloni, sarti, autisti di autocarri, bottài e antifascisti (anch’essi vennero fatti migrare verso le nuove terre), affinché essi mettessero in piedi una super-genìa di uomini “superiori” capaci di affrontare il cattivo ambiente malarico e, chissà, la futura guerra che Mussolini stava concependo.
Anche qui, per quanto ne so e per quanto se ne sa dalle molte letture di documenti e di archivi storici, oltre che dal ricordo dei vecchi protagonisti di quella migrazione, l’impressione è che stiamo navigando nel campo della fantasia. Snowden, infatti, anche stavolta non porta un solo documento a sostegno della sua tesi, e sembra anche ignorare le feroci liti tra il sottosegretario Razza e il suo collega Commissario dell’Opera Nazionale Combattenti, Valentino Orsolini Cencelli che lo accusava di mandargli a colonizzare le terre bonificate non già robusti e bene addestrati coloni, ma tutto quello che non serviva più nelle regioni di provenienza. E ciò, sia nel senso della abilità sul lavoro, sia nel senso della robustezza e della resistenza fisica al lavoro duro che si doveva fare in Agro Pontino. Forse faceva parte di questa opera di selezione dei forti il divieto sancito nei contratti di mezzadria tra Onc e assegnatari colonici che questi non dovessero bere il latte che producevano, salvo che fossero bambini, anziani e malati?
Forse sto esagerando, e qualcuno penserà che le due affermazioni di Snowden stiano diventando per me un gesto di antipatia personale. Niente affatto: non conosco Snowden se non per quel che ha scritto, riconoscendogli la validità del lavoro fatto. Ma proprio per questo non riesco a capire come possa spacciarsi per “operazione” di Mussolini una idea dello stesso Snowden non rintracciabile da nessun documento. Naturalmente sono pronto a rimangiarmi tutto quello che qui ho scritto, se salta fuori qualche documento. Ma ditemi se la foto di una famiglia colonica immigrata in Agro Pontino come quella che appare qui può essere il segnale di una super-razza, sia pure in fieri.

 

8 Marzo, 2013 - Nessun Commento

PILLOLE DI TURISMO

Il canale Linea ai primi del Novecento: anche allora le grandi barche a fondo piatto assicuravano il trasporto in palude di uomini, animali e merce

LE VACANZE DI CICERONE

Cicerone aveva disponibilità finanziarie sufficienti a tener ville dappertutto (l’IMU non si pagava). E quando iniziava la stagione buona aveva solo l’imbarazzo di programmare i vari spostamenti. Eccone un saggio in una lettera che l’oratore/avvocato scrisse ad un amico nel 59 a.C.: «Ho intenzione di essere a Formia, nella mia villa, per le feste Palilie (21 Aprile)… Lascerò Formia ai primi di maggio per essere ad Anzio il tre. Dal quattro al sei ad Anzio ci sono i gladiatori, e Tullia [la figlia] desidera vederli. Penso poi di andare a Tuscolo [Frascati] e di lì ad Arpino, in modo da essere a Roma il primo di giugno». Quanto all’abbondanza di ville, emergente anche dai molti ritrovamenti, basterà ricordare che quelle sorte nei Campi Flegrei, presso Napoli, fecero dire a Orazio che i pesci dei laghi Averno, Miseno, Lucrino dovevano sentirsi stretti.

ORAZIO IN VIAGGIO SULL’APPIA

La celebre Satira V di Quinto Orazio Flacco è il resoconto di un viaggio attraverso la pianura Pontina, Terracina, Fondi, Formia. Rileggiamone il brano riferito alla sosta a Forum Appii, alle porte nord dell’attuale Latina: «A causa dell’acqua, che era pessima, dichiarai guerra alla mia pancia e di malumore attesi che il mio compagno di viaggio finisse di cenare. Già la notte si preparava a stendere le ombre sulla terra e a disseminare il cielo di stelle, quando i marinai cominciarono a insolentire i nostri servi e questi a loro volta i marinai (ndr: i marinai traghettavano lungo il fiume Linea, attraversando, così, la Pianura Pontina con barche trainate da animali che marciavano sulle sponde): “Vieni qui con la barca!”, “Ne imbarchi trecento …ehi, è già troppo!”. Mentre si paga il prezzo del viaggio e si legano i muli, passa un’intera ora. Ma nessuno poteva dormire a causa delle fastidiose zanzare, delle rane gracidanti nella palude, del marinaio e di un passeggero che innaffiati di molto vinello, facevano a gara la serenata alle loro amiche assenti. Finalmente il passeggero stanco comincia a dormire, e il nostro pigro battelliere lega la mula a un sasso sull’argine per farla pascolare, poi si sdraia supino. Quando fu giorno ci accorgemmo che la barca era ancora ferma. Uno di testa calda salta a terra e spiana la testa e i fianchi del battelliere e della mula con un ramo di salice; infine intorno alle dieci, sbarchiamo».

Come si vede, il problema dei trasporti non è solo ansia dei nostri giorni.

TRATTORIE D’ALTRI TEMPI

I1 5 aprile 1633 il duca Francesco Caetani affittò a tale Onorato de Angelis un’osteria che sorgeva nei pressi di Torre Paola, tra le attuali Sabaudia e San Felice Circeo. L’affitto era accompagnato dal divieto fatto al caporale che comandava Torre Paola di «alloggiare,…vendere cose da magniare, né a’ passeggîeri né  a’ marinai, che pregiudichi alla detta hosteria». Insomma, un divieto di concorrenza sleale.

OSPITALITÀ E DISTANZE

Quando la via Appia era ancora impraticabile e la «direttissìma» ferroviaria Roma – Napoli di là da venire, le vie di comunicazione attraverso quella che era la Palude Pontina avvenivano con la strada pedemontana Velletri – Giulianello – Cori – Sermoneta – Sezze – Priverno – Terracina e con la ferrovia locale, di cui restano alcune ultime stazioni in rovina. Nel 1913 le Ferrovie dello Stato pubblicarono una guida delle ferrovie regionali, col concorso del Tci, che per la zona pontina dava queste indicazioni: Cori: a 4 Km. dalla ferrovia. Corriera L. 0,40. Alberghi «Ercole» e «Unione» (da L. 1 in su) Cisterna: servizio di diligenza con inizio da Velletri, L. 2,50 per andata e ritorno; Piperno: a 2 Km. dalla stazione (corriera L. 0,30). Alberghi «Giordani» e «Serafini» (L. 1) Terracina: Alberghi «Reale» e «Nazionale» (L. 1,50). Molto frequentata nella stagione estiva.

28 Febbraio, 2013 - Nessun Commento

PRESENTATO DALLA CHIESA PONTINA
IL LIBRO DEL PRIMO SINODO DIOCESANO

Il Vescovo di Latina, Terracina, Sezze e Priverno, monsignor Giuseppe Petrocchi, ha presentato il libro nato dallo svolgimento del Primo Sinodo della Chiesa Pontina. Si tratta di un volume del tutto particolare, nato al termine di una quindicina di riunioni sinodali, cui hanno partecipato i circa 200 membri della comunità diocesana, espressione del sacerdozio secolare e di ordini religiosi, dei vari carismi, formazioni culturali, appartenenze, secondo un criterio di ampia rappresentatività, preparazione e sensibilità religiosa. Le riunioni sinodali, molto partecipate, hanno costituito il punto di arrivo di una preparazione iniziata l’anno 2005, quando il Vescovo ha indetto il Sinodo, che è andato svolgendosi e crescendo attraverso assemblee, riti, convegni.,momenti di approfondimento e di analisi. Il volume ha il titolo : “Perché la nostra Chiesa sia ”più-Una”. Libro del Primo Sinodo della Chiesa Pontina. 2005-2012”. Il testo delle riflessioni e delle proposte ha ricevuto il suggello finale dalla Vaticana Congregazione per i Vescovi, attraverso una lettera “di conformità” firmata dal cardinale Marc Ouellet, in data 8 giugno 2012. Il Vescovco Petrocchji ha consegnato il volume a ciascuno dei membri religiosi e laici del Sinodo, dopo averlo approvato e promulgato il 18 ottobre 2012. Il tempo trascorso da quella data è stato assorbito dagli adempimenti canonici e dai tempi di stampa e di revisione delle bozze. Si tratta, in effetti, di 310 pagine di testi e annotazioni, articolate in un ampio indice che disegna la “nuova” Chiesa Pontina in tutti i suoi aspetti organizzativi, funzionali, carismatici. Le Parti trattate sono le seguenti: La Chiesa, icona della Trinità; La Chiesa a servizio del Mistero; La Chiesa casa e scuola di comunione. In esse vengono affrontati tutti i temi che riguardano la vita dell’organismo, dalle considerazioni teologiche di base alla organizzazione gerarchica, che vede alla sua testa il Vescovo, agli organismi che ne accompagnano e aiutano la vita. Il testo sarà integrato da disposizioni sotto forma di “direttori”, ossia di norme comportamentali, di emanazione successiva.