24 Aprile, 2023 - Nessun Commento

OGGI 25 APRILE , GIORNO DELLA PACE

Sono del 1938, quindi ho “tecnicamente” vissuto gli anni della guerra.
Ho anche una fotografia, un po’ goffa a vederla oggi, in cui mi
esibisco in divisa di “figlio della Lupa” (ma forse no ne avevo ancora
gli anni). Ho della guerra molti ricordi concentrati attorno a due
parole: Fame e Paura. La Fame mi ha portato ad essere ricoverato nel
dopoguerra per riavermi di una magrezza scheletrica che mi stava
portando, immagino, a una situazione di irreversibilità mortale. La
Paura l’ho avuta per molti anni dopo la fine della guerra. Sognavo di
notte bombe e urla e macerie. Le macerie erano quelle di Cisterna, il
paese dove sono nato. Tutta la via Appia, che l’attraversa, era
fiancheggiata da palazzi demoliti pietra su pietra e da “passoni”, le
travi di legno che all’epoca costituivano i sostegni dei solai. Erano
praticamente cartapesta.

Ma della guerra ricordo anche le elezioni. Non sapevo neppure cosa
fossero. Ma le ricordo (penso fossero quelle del 1946 per la
Costituente o forse quelle per il referendum istituzionale del 2
giugno, o magari le primissime amministrative comunali. Ero ancora uno
scricciolo di bambino, ma andavo in giro per Cisterna ostentando un
distintivo verde a forma di Edera. Repubblica? Partito repubblicano?
Non lo so. So che mia Madre mi diceva di non esporlo e io le chiedevo
perché, se la guerra era finita. Poi lo capirai, mi diceva Lei.
Ricordo anche che sui muri interni dell’androne del vecchio Municipio
c’era un manifesto con una fiamma con i tre colori della bandiera
nazionale.  Pensavo che quello doveva essere il partito vincitore, con
quei tre colori. Invece mi dicevano: “Quelli sono fascisti”. E io che
ero bambino ma qualche nozione in testa mi era stata inculcata, mi
meravigliavo. Ma non hanno perduto? Sì, ma ci riprovano. E sono
proprio gli stessi. E io non capivo perché ci fossero quelli che ci
avevano portato alla guerra, alla morte, alle macerie, alla Fame, alla
Paura. Mi rispondevano con una parola che non capivo: è la democrazia.
Hanno perso ma noi gli diamo il diritto di aspirare a far parte di un
Paese democratico. Oggi è il 25 aprile 2023. Spero che – con qualche
eccezione – non siano ancora oggi quei signori. Oggi, comunque, è la
festa di noi ex bambini affamati e impauriti, ma sopravvissuti. E
dobbiamo festeggiare quel giorno in cui tornò la pace. No, si scrive
la Pace. Festeggiamolo.

4 Aprile, 2023 - Nessun Commento

LA DOLOROSA SCOMPARSA DI NELLO IALONGO

Ciao Nello Ialongo, Amico mio. Ti ho conosciuto quando facevi il Sindaco di Sabaudia, ma non ti conobbi perché eri sindaco, ma perché ti interessavi da geologo competente e sensibile alle cose belle che riempivano anche le mie scoperte della nostra Provincia, delle nostre città, che da subito furono assoggettate alla legge del non-rispetto per le cose belle. Prevaleva l’ansia di correre, di conquistare, di costruire, di occupare spazi, con case, palazzi, industrie sparse senza regola nel territorio, e le acque che scorrevano limpide erano diventate grigie e mortifere. Io scrivevo sui giornali e sommai sei o sette querele per diffamazione da costruttori, lottizzatori, inquinatori. E tu subisti l’onta di un processo penale solo per aver progettato con Enrico Ortese e pochi altri un Piano di salvaguardia delle aree del Parco del Circeo, si chiamava “Circeo 88”. Non ricordo come finì, ricordo che testimoniai in udienza per te e per altri Amici che difendevano dune e foresta e spiaggia. Ne sei sempre uscito a testa alta, ed io ebbi anche il privilegio di presentare un tuo libro di ricordi e di considerazioni sulla tua Città, Sabaudia. E quella sera di estate, nell’area interna del Municipio c’era tanta gente che ti voleva bene, che ti apprezzava, insieme ad altri Amici anche loro già partiti verso l’alto, Aldo Nardi, Vittorio Mambro, con i quali vi alternavate alla guida della Città con la passione di chi le ha voluto tanto bene, senza pensare ai propri interessi, ma agli interessi dei Cittadini che Voi servivate.

Ciao Amico mio, te ne sei andato in punta di piedi, dopo aver conosciuto dolori familiari forti che ognuno di noi deve mettere in conto nella sua vita, e che il tuo animo sensibile avvertiva più forti, proprio perché sei stato una persona gentile e sensibile. Non potevi non amare le cose belle, hai servito il Parco Nazionale del Circeo e la tua Città con la competenza che ti veniva dagli studi seri che avevi compiuto per diventare geologo, e hai continuato a batterti fino all’altro ieri. Ti telefonai circa un mese fa per chiederti cosa ne pensavi di quei “pennelli” di Latina, di quel porto di Rio Martino che hanno scavato nel cuore della duna sulla Lungomare, a Caterattino e hanno spaccato la strada e fatto crollare le sponde del canale. Sciagure annunziate, ma nessuno ha avuto orecchie per sentirle e antivederle. Mi dicesti al telefono che eri disperato, non sapevi cosa stava accadendo, non sapevi quali lavori sarebbero stati messi in moto per suturare quella ferita che si era aperta sulla spiaggia, sulla duna, sulla strada e dietro la strada. Te ne sei andato nel dolore e nel rimpianto, ma devi essere fiero di quello che sei stato: uno studioso, un amministratore onesto e attento, un appassionato della Natura, un compagno di gite in montagna: ricordi, per quante ore abbiamo scarpinato sulle Dolomiti ad ammirare un paesaggio che lassù ancora difendono mentre da noi molti si battono per spianarlo.

Te ne sei andato ed hai lasciato nei cuori dei tuoi molti Amici sinceri e disinteressati il dolore che è riservato ad un Amico che parte. Ma che sappiamo di poter incontrare di nuovo, in un mondo diverso.

Ciao Nello Ialongo, Amico mio.

3 Aprile, 2023 - Nessun Commento

RISTORANTI E TRATTORIE DI UN TEMPO

di ciaccioDopo aver percorso nei suoi libri tavole imbandite,  dolci e  gelati dell’ex regno dei Borboni di Napoli e della cucina del Golfo di Gaeta, Bruno Di Ciaccio si è dedicato a rintracciare i laboratori culinari di Gaeta. La Gaeta di un tempo, quando anche chi scrive, ancora molto giovane, andava alla ricerca delle buone tavole di Formia, Gaeta, Minturno, posti dove si poteva mangiare qualcosa di più di una pizza, a patto che il conto finale fosse compatibile con la povera scarsella di cui disponeva.

Bruno Di Ciaccio, per ora, si è dedicato a rintracciare ricordi fumanti e ambienti gustosi nella sua Gaeta e al termine della sua ricognizione – fatta con il prezioso aiuto di ricordi personali e di antichi protagonisti nelle cucine non ancora stellate – ha scritto un delizioso libro che ha, ovviamente, per titolo “Gaeta, ristoranti e trattorie di una volta”.

Sono poco più di un centinaio di pagine, nelle quali Di Ciaccio ci porta per mano in un viaggio nel passato (diciamo a partire dal dopoguerra), che a chi ha vissuto in quei luoghi e in quelle esperienze suscita una tenera malinconia fatta non solo di pasti serviti a tavole ricche come “’A ‘o Re Burlone” o a banchi assai più modesti, ma ugualmente ricchi di sapori, odori e personaggi. Ecco, quindi, che sotto gli occhi del lettore curioso e anche un po’ romantico scorrono nomi ancora oggi noti e che offrono ai clienti pasti gustosi, ma anche a luoghi che ormai sono vivi solo nel ricordo che ne fa Di Ciaccio. Voglio nominarli tutti perché è un peccato perdere, anche in un modesto ricordo come questo, il valore che tutti questi luoghi ebbero: Masaniello, La Salute,  Grotta Azzurra, Taverna del Marinaio, La Saliera, A ‘o Re Burlone, nella Gaeta medievale; e nel Borgo: La Trattoria di Zingriglie, La Piemontese, Trattoria Roma, La Tavernetta, Da Francesco, Gambero d’Oro, La Spera, La Pagliarella, Colibrì, Hostaria La Rete, La Paranzella, Sciam Sciam, La Gazelle d’Or. Nomi ancor oggi presenti alla mente del buongustaio o ormai relegati nel deposito dei buoni ricordi di un tempo antico. Non sono pagine dove ci si crogiola ad imparare ricette ormai scomparse, ma fogli che rievocano antichi profumi destinati a restare ancora sospesi nel tempo e negli spazi che occuparono.

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