20 Febbraio, 2014 - Nessun Commento

I PINI PONTINI, DA SCENOGRAFICI
A POTENZIALI ASSASSINI

Forse sta giungendo al suo naturale termine biologico l’era dei pini “fascisti”, quelli che furono generosamente piantati all’epoca della bonifica pontina. Erano gli alberi più rapidi a crescere, che garantivano un po’ di verde là dove l’Opera nazionale Combattenti aveva fatto il deserto vegetale, spiantando quasi 15 mila ettari di foresta di querce, e pensava di metterci “una pezza” ricorrendo a questa bella, elegante, ma pericolosa pianta. Ne furono impiantate alcune migliaia di esemplari lungo la via Appia, lungo le strade provinciali e interpoderali (mentre contemporaneamente venivano impiantati i filari di eucaliptus come barriere frangivento: e anche gli eucaliptus sono piante rapide a crescere, ma pericolosamente fragile, anche se ritenute miracolose contro le zanzare malarigene).

Il cattivo tempo di questi giorni, con la pioggia che ha inzuppato il terreno rendendolo molliccio e instabile, e il vento che ha spazzato le belle chiome arboree trasformandole in formidabili vele capaci di abbattere i pur robusti tronchi pinacei, ha fatto scattare l’allarme. Nella sola città di Latina sono cadute una decina di piante, e per di più nel centralissimo viale Mazzini (una è caduta addirittura su un palazzo). Fortuna ha voluto che non ci siano state vittime, ma è veramente il caso di continuare a scommettere sulla fortuna? Altri dodici pini sono stati abbattuti a raffica sulla via Litoranea, tra Borgo Grappa e Bella Farnia, ma, soprattutto, lungo la via Appia centinaia e centinaia di piante espongono gli automobilisti al rischio di diventare polpette. Alcuni anni fa una ventata ne buttò a terra 30 o forse 40 o anche più, mettendo fuori uso la Statale n. 7 per qualche giorno. E altrettanto e uguale pericolo suscitano i pini, pur maestosi e scenografici, che accompagnano la via Epitaffio, da Latina alla sua stazione ferroviaria di Latina Scalo, località che ha fatto registrare altre cadute di piante. Se solo si dà uno sguardo ai tronchi e alla loro “postura”, ci si rende conto di quante poche certezze diano quei formidabili tronchi che a volte assumono inclinazioni che suscitano seri pensieri. E quando non è il vento a fare di quei bei pini altrettante armi micidiali, sono le radici superficiali, che in primavera sventrano strade, bordi stradali e banchine. Ne sa qualcosa l’Anas, martoriata dalle riparazioni stradali a causa di quelle radici, e che ben volentieri vorrebbe assumersi una spesa per tutte: sostituire i pini con più autoctone querce, magari lecci, che crescono molto più lentamente, ma sono vigorosi nell’impianto sul terreno, e hanno un ciclo vitale infinitamente superiore ai 100-120 anni dei pini. In terra pontina abbiamo pini pericolosi, anche perché sono quasi al termine del ciclo vitale, o sono stati indeboliti alla base anche dagli incendi estivi. Ci sarà pur qualcuno che decida di interessarsi di questa non secondaria faccenda?

 

17 Febbraio, 2014 - Nessun Commento

BENTORNATI GIORNALI!

Oggi sono felice. Ho riacquistato la speranza che l’Italia potrà davvero tentare di vendere un pezzo di “Poste Italiane”. Questa operazione ha tutta l’aria di essere un “pacco” per chi comprerà, ma non è questo che mi tiene in ansia. Le mie preoccupazioni per un cattivo andamento di questa operazione erano nate dal fatto che per oltre una settimana il postino che serve la mia zona a Latina non si è fatto vedere. Pensavo, quindi, che lo Stato avesse ripensato l’opzione vendita (o operazione “pacco”, in gergo napoletano), preferendo quella di sopprimere un servizio che, di fatto, è già pressoché soppresso. Invece, no! Ieri mattina nella mia cassetta sono postale stati pazientemente infilati ben 9 (nove) numeri del quotidiano al quale sono abbonato, e che non avevo ricevuto nel giorno in cui un quotidiano dovrebbe riceversi, ossia il giorno in cui esce. Ma non fa nulla: i giornali che non ho ricevuto in tempo serviranno poco ad informarmi di cose ormai invecchiate. Ma sapere che “Poste Italiane” è viva e lotta contro di noi è sempre stimolante. Ad majora!

14 Febbraio, 2014 - Nessun Commento

“CITTÀ NUOVE” DISASTRATE:
AD APRILIA SI CELEBRA IL MEA CULPA ?

L’Associazione Ingegneri e Architetti di Aprilia ha organizzato un convegno (21 febbraio) dedicato alle trasformazioni delle “città di fondazione”, ossia a quei nuclei abitati creati durante la bonifica fascista in Agro pontino ed in alte aree italiane. Le quattro “città” pontine (Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia), più Pomezia facevano parte di un unico “disegno”, anche se esse nacquero al di fuori di qualsiasi progetto, anno per anno, secondo come si muovevano le cose (politiche e belliche). E’ importante questa riflessione di Aprilia: non vorrei sbagliare, ma mi pare che sia la prima che viene organizzata e proprio da parte di quei professionisti che, per il lavoro che svolgono (urbanistico, edilizio, progettuale in genere) dovrebbero essere i primi a sentire il bisogno di queste riflessioni, specialmente ora che siamo agli 80 anni e passa da quei tempi. Bravi professionisti di Aprilia, perché non c’è dubbio che riflessioni di questo genere impongono una buona dose di coraggio autocritico, solo a guardare quello che è successo a Latina e nella stessa Aprilia, nate per pochi abitanti ed ora esplose l’una a circa 120 mila, l’altra prossima agli 80 mila, E’ chiaro che rispetto alle risicate cinte perimetrali dei Piani regolatori originari, le attuali espansioni non sono confrontabili. Ma non lo sono neppure dal punto di vista del buon gusto, della razionale occupazione del territorio. Né dal punto di vista di una storia della nuova urbanizzazione, che non è stata mai storia pubblica (tranne, forse, per i cosiddetti “quartieri di espansione di Latina”, quelli che si chiamavano, e si chiamano, Q4 e Q5, ossia “Nuova Latina” e “Nascosa”). Queste storie di “città nuove” non recano alcuna firma di indirizzo pubblico e “pubblicistico”, Esse sono per l’80-90 per cento il frutto delle decisioni degli imprenditori edili, più o meno bravi, più o meno avventurosi, più o meno speculatori o predatori. E pensare che queste città nascono su terreni privi di qualsiasi difficoltà, su pianure piatte e “servite” da canali che avrebbero potuto diventare elemento ornamentale (avete mai visto, almeno in fotografia, San Antonio, Texas, attraversata dal fiume omonimo, divenuto luogo di piacevoli soste, pieno di verde, percorribile in barca, dalle sponde ciclabili e arredate di locali graziosi, panchine, ristoranti e caffè: il fiume è poco più che un nostro Rio Martino?). I nostri canali sono, invece, scolatoi pubblici, poco meno che fogne, quando non sono stati cementati da palazzi. Torniamo al tema del convegno: è vero che chi parla oggi appartiene ad una classe anagrafica diversa da quella che ha “trasformato” le città di fondazione, e quindi è più facile parlare criticamente. E’ vero anche che sono scomparsi i politici che avallarono col loro silenzio e la loro delega che i costruttori di palazzi si impadronissero delle nostre città. Ma questo non fa dimenticare che anche negli ultimi 15-20 anni è proseguita la distruzione d’identità di quelle antiche e originali “città del razionalismo”. E se Aprilia all’epoca della sua distruzione bellica (1944) contava circa 2000 abitanti, sparsi nella campagna, Latina aveva già 20 mila abitanti, aveva qualche pretesa da accampare, anche perché era già capoluogo di una provincia che oggi sta per scomparire. E queste amministrazioni sono state tutte di destra, e tutte hanno badato bene a ricordare diligentemente le date “storiche”, la sacralità dello stile razionalista (che non è né fascista, né italiano, ma tedesco) ma non hanno mai badato se di quella “storicità” restava qualcosa. Ho provato a fare un elenco di soppressioni di palazzi “antichi” (non solo le case del fascio (ad Aprilia, dove è scomparso anche lo stesso municipio) e di alterazioni di quei palazzi (l’ultima è la moda del Comune di Latina di autorizzare, da alcuni anni a questa parte, la perforazione delle pareti di quei palazzi razionalisti, per far spurgare all’esterno le condense dei condizionatori d’aria, allagando i marciapiedi; o di soffiare aria calda sul volto di chi percorre quei marciapiedi). Questi amministratori non hanno il diritto di celebrare retoricamente le ricorrenze che ignorano nei fatti, ossia nei comportamenti politici ed amministrativi. Ma anche Ingegneri ed Architetti hanno qualche mea culpa da confessare. Sarà interessante ascoltare il convegno di Aprilia, che a Latina non si è mai pensato di organizzare.