3 Agosto, 2023 - Nessun Commento

MINTURNO CELEBRA IL RICORDO DELLA SUA MEDAGLIA D’ORO

La Città di Minturno festeggia oggi l’anniversario dell’attribuzione al suo gonfalone della Medaglia d’Oro al Merito Civile, per le sofferenze patite durante la Seconda Guerra mondiale. Minturno ebbe a trovarsi sull’estremo versante meridionale della Linea Invernale Gustav, sbarramento eretto dai Tedeschi per frenare l’avanzata alleata verso Roma. La Linea correva dal versante abruzzese (Ortona a mare), che gli Alleati avevano affidato alla 8^Armata britannica, fino al Golfo di Gaeta a sud, dove operava la 5^ Armata americana. La battaglia ebbe inizio alla fine di ottobre 1943, dopo lo sfondamento della linea di resistenza sul fiume Volturno e proseguì fino al maggio 1944. Lo schieramento alleato, che si avvaleva anche di unità britanniche speciali e del Corpo di Spedizione Francese (soldati coloniali Marocchini, Algerini e Tunisini), oltre che, su un settore limitato, del nuovo ricostituito Esercito Italiano che dipendeva dal Regno del Sud di Vittorio Emanuele III, perse decine di migliaia di uomini, così come quello germanico, annidato negli aspri versanti collinari da Minturno a Cassino. La Città di Minturno ricorda anche un retro ammiraglio italo-americano, Michael Angelo Musmanno, illustre uomo politico e professionista della Pennsylvania, che durante un bombardamento di Minturno, diresse le operazioni di sgombero della popolazione civile, contribuendo al salvataggio di centinaia di Cittadini, trasferiti al di là del Garigliano. Musmanno rimase anche ferito durante l’operazione e, da cattolico fervente qual era, portò in salvo paramenti e arredi sacri della Chiesa di Minturno, che poi restituì il 3 febbraio 1945 all’arcivescovo di Gaeta, monsignor Dionigi Casaroli. Il Sindaco di Minturno appena eletto democraticamente alla carica, conferì a Musmanno la prima Cittadinanza Onoraria, mentre il Governo Italiano gli riconobbe la Medaglia d’Argento al Valor Militare.

“Nella giornata del Merito Civile – ha dichiarato oggi il sindaco di Minturno Gerardo Stefanelli –  abbiamo voluto, come consuetudine, riconoscere un Premio ad un/a concittadino/a che si è contraddistinta nella propria vita per aver svolto attività a favore della proprio comunità. Quest’anno la scelta è caduta su Maria Treglia per 40 lunghi anni ostetrica in servizio presso l’Ospedale di Minturno e di Formia. La Signora Maria ha accolto tra le sue braccia durante il suo impegno professionale, circa 4000 ‘nuove vite’ diventando un punto di riferimento per tante nuove ostetriche che hanno operato facendo tesoro dei suoi insegnamenti. Grazie Maria!”.

In occasione dell’odierna ricorrenza, il Sindaco di Minturno Gerardo Stefanelli conferirà la Cittadinanza Onoraria al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

27 Luglio, 2023 - Nessun Commento

UNA BONIFICA URBANA FALLITA

Un amico di Latina ha nel suo studio una gigantografia delle arcate dell’Intendenza di Finanza. Il pavimento fatto di un prato verde: una contrapposizione tra l’austerità semi-classica dell’architettura (razionalista) e la “naturalità” dell’erba creata col Photoshop. Ho sempre pensato che il pensiero del mio amico espresso da quella gigantografia fosse un auspicio. O forse un timore che precorreva i tempi (non è di oggi, ma di qualche anno fa). Ora penso che il mio amico temesse quel nuovo aspetto di Latina. Eppure è prossimo ad averci indovinato.

Chiunque percorra le strade della nostra Città che si svolgono appena al di là della “isola pedonale” (che si vuole trasformare in ZTL, ma che quasi tutti speriamo resti come è oggi),  si accorgerà che la trasformazione di marciapiedi, case e strade in una steppa florida quanto disordinata è prossima a diventare la gigantografia del mio amico. Fiorenti piante selvatiche si innalzano dappertutto, cespugli di erbe prive di nome e di dignità invadono ogni angolo, tonnellate di foglie secche prodotte da questo micidiale gran caldo coprono ogni dove, e Latina – una città che “produce” alberi bellissimi e giganteschi di cui nessuno o quasi si accorge – sta ormai diventando una steppa priva di dignità e di cura.

Una ghost town dove solo il vento fa pulizia (o amplia la sporcizia).

Pochi minuti dopo l’insediamento della nuova Giunta ci era stato detto che “stiamo già lavorando” a diserbare una città che conta strati geologici di foglie e di antiche piante del Pleistocene mai estirpate. Ci era stato assicurato che accordi con le varie organizzazioni agricole dell’Agro Pontino avrebbero provveduto a falcidiare tutta questa orribile dimostrazione di trascuratezza. Non era vero. Non è stato vero fino ad oggi, non è vero per l’immediato futuro. Ma nessuno protesta, neppure quelli che se la sono presa con la “politica del verde” di Damiano Coletta, quando era lui a doverne rispondere. Perché oggi nessuno parla della “nouvelle vague” di questa Amministrazione che dipinge di nuovo il percorso della ciclabile urbana (che nessuno percorre e che non aveva affatto bisogno di essere riverniciata), mentre le “strisce zebrate” della Circonvallazione non esistono più e impongono ai pedoni complicate manovre con gli automobilisti che vogliono “arrotarli? Forse perché la verità ha sempre due facce? Entrambe fasulle?

 

21 Luglio, 2023 - 2 Commento

QUEL POMERIGGIO DEL 1976 A SEZZE CON ANDREA PURGATORI

Ho conosciuto Andrea Purgatori – il giornalista morto qualche giorno fa a soli 70 anni – il pomeriggio del 28 maggio 1976, a Sezze Romano, provincia di Latina. Quella sera il tenente dei paracadutisti ed esponente della destra fascista di Ordine Nuovo e poi del Movimento Sociale Italiano, tenne un comizio in vista delle imminenti elezioni politiche. Il luogo prescelto per il comizio fu una piccola piazza centrale del paese, che, sfortunatamente per tutti, era una piazza “chiusa”, un posto stupidamente o provocatoriamente scelto in un paese – Sezze, appunto – che in quegli anni era chiamato la “Stalingrado dei Lepini”. La presenza del Partito comunista vi si era imposta con largo seguito fin dagli anni che precedettero la Seconda guerra mondiale, e si era affermata con una nota collaborazione ad azioni partigiane antitedesche e antifasciste, che coinvolgevano anche  rappresentanti pubblici come Italo Ficacci, primo sindaco democratico del dopoguerra,
che ebbi l’occasione di intervistare per ricostruire la storia di quei giorni. Il Partito comunista aveva, nel dopoguerra, guidato i cosiddetti “scioperi a rovescia”, che consistevano nella realizzazione di cantieri di lavoro che non erano finanziati dal Governo, ma che servivano a portare avanti opere pubbliche. Anche il sindaco dell’epoca, Alessandro Di Trapano, soprannominato “Bufalotto”, era stato incarcerato come portavoce ed operatore attivo di quella singolare ed utile protesta. Insomma, Sezze era l’ultimo posto dove l’aspirante deputato per il MSI avrebbe dovuto scegliere di svolgere un comizio per il partito nato dai reduci di Salò. E la ristretta piazza, l’ultimissimo luogo dove tenere un comizio “in campo notoriamente avverso”. Finì che il comizio fu interpretato come un atto provocatorio e nella piazza giovani comunisti e di Lotta Continua cercarono di interromperlo. Qui non si vuole giudicare, ma solo esporre dei fatti. Fatto sta che gli uomini che Sandro Saccucci aveva portato con sé come guardie del corpo, persero la testa e sentendosi minacciato, qualcuno di essi mise mano alla pistola (uno strumento che solitamente non si porta nei comizi democratici) ed esplose alcuni colpi. Due di essi raggiunsero due ragazzi della sinistra: Luigi Di Rosa, 19 anni e Antonio Spirito, 21 anni. Di Rosa fu raggiunto in punti vitali e venne ricoverato d’urgenza all’Ospedale locale, per essere sottoposto a un estremo tentativo di salvataggio. La notizia raggiunse presto le redazioni locali ed io fui incaricato di seguire
l’episodio. Mi portai da Latina a Sezze e pochi minuti dopo mi recai all’ospedale  e mi misi ad attendere i risultati dell’intervento chirurgico cui Luigi Di Rosa fu sottoposto. Eravamo nella sala esterna a quella operatoria. Fui avvicinato subito da  alcuni ragazzi, palesemente alterati e spaventati. Mi chiesero chi fossi, glielo dissi e si calmarono. Di lì a poco era giunto anche Andrea Purgatori, a sua volta incaricato di curare la cronaca di quei fatti. Andrea era una volta e mezzo più grosso di me ed aveva fin da allora un aspetto fisico che incuteva  rispetto a tutti. Intrufolò tra me e i ragazzi e rivolse loro alcune domande perentorie che imposero un immediato rispetto. Il tentativo di una reazione emotiva si esaurì e con Andrea ci mettemmo ad aspettare la conferenza stampa che ci era stata annunciata per sgomberare i luoghi e riportare un po’ di calma.
Aspettammo un paio di ore in una camera allestita allo scopo ed io ebbi modo di scambiare impressioni e notizie con Purgatori. Lui era estraneo all’ambiente, ma si era impadronito in pochi minuti dei luoghi, delle notizie essenziali, dei nomi e dei volti. Parlammo in quelle due ore. Io avevo diretto in precedenza la redazione provinciale de Il Messaggero, ma non sento alcun pudore nel confessare che quel giovane e robusto collega che mostrava una straordinaria capacità nel suo mestiere e col quale mi trattenni fino a conferenza stampa conclusa. Da allora non ho avuto con Lui altri contatti, ma ne ho seguito le imprese – vere e proprie imprese – ad iniziare dalla più difficile, l’indagine sul disastro di Ustica. Non aveva paura di nulla e di nessuno; al contrario, sapeva imporre con autoritaria gentilezza la sua presenza e sapeva come tirar fuori dalle bocche le notizie che decidono chi sia un vero cronista.

Lo ricordo ora per un mio dovere sentimentale. Un gesto di ammirazione, sfortunatamente postumo e doloroso.

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