DALLA GERMANIA UN NUOVO LIBRO SULL’URBANISTICA FASCISTA IN AGRO PONTINO
Un’opera sull’architettura e sull’urbanistica del ventennio fascista è stata pubblicata dalla Dom Publishers di Berlino. Ne è Autore Harald Bodenschatz, docente sino a pochi mesi fa presso la Facoltà di Aerchitettura, Urbanistica e Ambiente dell’Università di Berlino. Studioso e amante dell’Italia, Bodenschatz ha trascorso molti mesi nel nostro Paese, in particolar modo a Roma e Sperlonga, ove ha soggiornato e concepito, come lui stesso riferisce, il voluminoso tomo, che si compone di 520 pagine, e si presenta in formato di cm 30×25. Seicento sono le immagini, tra foto e carte topografiche. L’autore in un’intervista concessa al giornalista Felice Cipriani, che ha curato il presente lancio, ha tenuto a sottolineare che i tedeschi non conoscono bene l’architettura e l’urbanistica fasciste. Il loro interesse si limita, il più delle volte, all’antica Roma, al Rinascimento e al Barocco.
L’architettura italiana del ventennio, pur nata a volte all’estero, come il Razionalismo, subì certamente l’influenza del regime, ma non ne fu subordinata. Marcello Piacentini non fu l’architetto di Stato come lo fu, invece, Albert Speer, l’architetto di Hitler, e diresse un’istituzione per il controllo dell’urbanistica. In Italia non c’era divieto di stili. La preoccupazione di Mussolini fu quella di accreditare Roma come capitale attraverso un’architettura che travalicasse il regionalismo e dimostrasse la potenza del fascismo con importanti opere architettoniche re3alizzate anche in Libia, Eritrea, Somalia e Albania.
Gli architetti italiani, specialmente i più giovani, lavorarono alla progettazione di molte nuove città associandosi e partendo da un’idea di massima, ma nella massima libertà, al contrario della Germania di Hitler e della Russia di Stalin ove l’architettura e l’urbanistica furono poste sotto il controllo dello Stato. Possiamo dire che in Italia sotto il fascismo si concepì un’architettura europea che venne studiata e interessò sia la Russia comunista che gli Stati Uniti. I capitoli più importanti dell’opera dci Bodenschatz riguardano: la Roma Nuova del Fascismo – l’Agro Pontino – le opere nel resto d’Italia – l’urbanistica etnica di Bolzano – l’urbanistica Oltremare – il quadro Legislativo italiano e la sia evoluzione – i principali testi legislativi dell’epoca. Le conclusioni riguardano le dittature e l’urbanistica nel ventennio.
Hanno collaborato con l’Autore valenti studiosi, tra cui Daniela Spiegel, che ha organizzato mostre e dedicato una pubblicazione a “Città Nuove dell’Agro Pontino”.
L’autore ha detto che un punto di riferimento importante per il suo lavoro è stato il libro di Gustavo Giovannoni Vecchia Città ed Edilizia Nuova.
Il 22 marzo Bodenschatz sarà a Roma ad un convegno all’Istituto Italo Germanico, vedremo in quell’occasione se si potrà fare qualcosa. Felice
Sono felice a sapere di questa pubblicazione che celebra,come merita che lo sia,l’architettura e l’urbanistica realizzata in Italia durante il ventennio mussoliniano.Lo stile architettonico razionale, tutto italiano del Ventennio , ammirato da Italiani e stranieri ancora oggi ,poteva essere motivo di orgoglio nazionale e poteva essere fatto proprio dalle generazioni successive.Purtroppo ciò non è avvenuto a causa di una vile e autolesionica damnatio memoriae che si è fatto in Italia delle opere del Fascismo e di Mussolini che di tutto fu ispiratore.
Al sig.Sottoriva ,conoscendo la sua predilezione per la storia vera, rivolgo esortazione a organizzare , al circolo cittadino,un convegno di presentazione di questo libro che onora l’Italia.
Giuseppe Manzi Latina g.manzi1@teletu.it
In realtà, il razionalismo in architettura non è un movimento nato in Italia ed affermatosi come stile nazionale (o, peggio, nazionalista). Esso, invece, si formò in Germania, dove ebbe i massimi esponenti. In Italia fu introdotto soprattutto dai giovani architetti, che dovettero, però, faticare non poco per farsi apprezzare (la stessa Sabaudia, celebrata come “gioiello razionalista”), fu al centro di aspre polemiche e rifiuti dalle gerarchie fasciste che giunsero persino in Parlamento. Mussolini ebbe il merito di credere in quei giovani (tra i quali Luigi Piccinato, coautore del PRG di Sabaudia) e di lasciarli fare. Va anche ricordato che se c’è uno stile “mussoliniano” in architettura, esso fu lo stile che si ispirava alla Roma monumentale (v. Eur), vale a dire ad uno stile niente affatto ”moderno”, ma piuttosto volto a guardare le cose fatte l’altro ieri. (p.g.s.)