UNA BONIFICA URBANA FALLITA
Un amico di Latina ha nel suo studio una gigantografia delle arcate dell’Intendenza di Finanza. Il pavimento fatto di un prato verde: una contrapposizione tra l’austerità semi-classica dell’architettura (razionalista) e la “naturalità” dell’erba creata col Photoshop. Ho sempre pensato che il pensiero del mio amico espresso da quella gigantografia fosse un auspicio. O forse un timore che precorreva i tempi (non è di oggi, ma di qualche anno fa). Ora penso che il mio amico temesse quel nuovo aspetto di Latina. Eppure è prossimo ad averci indovinato.
Chiunque percorra le strade della nostra Città che si svolgono appena al di là della “isola pedonale” (che si vuole trasformare in ZTL, ma che quasi tutti speriamo resti come è oggi), si accorgerà che la trasformazione di marciapiedi, case e strade in una steppa florida quanto disordinata è prossima a diventare la gigantografia del mio amico. Fiorenti piante selvatiche si innalzano dappertutto, cespugli di erbe prive di nome e di dignità invadono ogni angolo, tonnellate di foglie secche prodotte da questo micidiale gran caldo coprono ogni dove, e Latina – una città che “produce” alberi bellissimi e giganteschi di cui nessuno o quasi si accorge – sta ormai diventando una steppa priva di dignità e di cura.
Una ghost town dove solo il vento fa pulizia (o amplia la sporcizia).
Pochi minuti dopo l’insediamento della nuova Giunta ci era stato detto che “stiamo già lavorando” a diserbare una città che conta strati geologici di foglie e di antiche piante del Pleistocene mai estirpate. Ci era stato assicurato che accordi con le varie organizzazioni agricole dell’Agro Pontino avrebbero provveduto a falcidiare tutta questa orribile dimostrazione di trascuratezza. Non era vero. Non è stato vero fino ad oggi, non è vero per l’immediato futuro. Ma nessuno protesta, neppure quelli che se la sono presa con la “politica del verde” di Damiano Coletta, quando era lui a doverne rispondere. Perché oggi nessuno parla della “nouvelle vague” di questa Amministrazione che dipinge di nuovo il percorso della ciclabile urbana (che nessuno percorre e che non aveva affatto bisogno di essere riverniciata), mentre le “strisce zebrate” della Circonvallazione non esistono più e impongono ai pedoni complicate manovre con gli automobilisti che vogliono “arrotarli? Forse perché la verità ha sempre due facce? Entrambe fasulle?