LATINA UNA CITTA’ DEMOLITA
LATINA – Latina, seconda città del Lazio dopo Roma, segue della Capitale le sorti di abbandono e desolazione. Conseguenza di anni di distrazioni amministrative. Gli amministratori, cioè, si sono distratti e invece di assicurare la manutenzione minima di una città ancora viva e vitale, malgrado tutto, hanno pensato ai fatti loro. Soprattutto ai fatti urbanistici, nei quali hanno fatto registrare inchieste penali, sequestri, denunce, e infine l’annullamento di tutti i Piani particolareggiati. Latina, come quasi tutte le città d’Italia, è sempre stata in mano ai costruttori,. che ne hanno determinati gli indirizzi. Ma quanto sta accadendo da qualche decennio a questa parte ha superato tutti i peggiori timori. E una classe benemerita di imprenditori è diventata, a causa di alcune “pecore nere” sinonimo di imbrogli, di violenze, di interessi privati prevalenti su quelli pubblici. Ovviamente a questo so può arrivare puntando sulla collaborazione di chi gestisce il potere, ossia i politici e, per effetto della bipolarità dei poteri nella pubblica amministrazione, anche di chi trasforma le idee e gli indirizzi in atti e provvedimenti amministrativi. Non è una storia recente, ma in questa associazione di interessati, ha finito per entrare indirettamente anche la classe dei professionisti che si occupano di progettare e di fornire idee progettuali sul migliore assetto della città. A memoria di cittadino non si ricorda una sola iniziativa assunta dagli Ordini professionali di fare una disamina di storia e cronaca della vicenda urbanistica cittadina. Tutti professionisti impeccabili quando usano fantasia figurativa, tutti assenti quando si deve esaminare l’oggettività della storia, e magari fare anche qualche critica e qualche mea culpa.
Al termine di questo percorso c’è una città che, trovandosi in pianura, avrebbe potuto essere costruita con soluzioni intelligenti e di buon gusto e che invece è una accozzaglia di palazzi, casette, villette, pezzi di terreno che sono deposito di immondizia fino a quando non interessano, e che improvvisamente diventano una fioritura di edifici. Non si dice, quindi, che i costruttori non debbano costruire, ma che debbono costruire bene e ubbidendo alle regole e applicandole. E gli amministratori hanno il dovere di far pagare gli oneri di urbanizzazione, di essere trasparenti nell’assegnare le cubature o l’edificabilità dei luoghi, e, dopo le costruzioni debbono garantire la manutenzione della città; strade, marciapiedi, scoline, servizi. Quello che a Latina sembra scomparso. I nuovi amministratori hanno ereditato un cumulo di macerie ed ora vengono chiamati a risponderne, per la severa ed ingiusta legge del fare di tutta un’erba un fascio, Ma i cittadini, specialmente quelli che non vivono nei quartieri “eleganti” e che sono appena periferici rispetto al nucleo urbano centrale, debbono accontentarsi di marciapiedi tirati su con l’asfalto, anziché con la pietra bianca; di cassonetti che non vengono ripuliti da almeno dieci anni e che emanano fetore; di strade costruite approssimativamente e che si sfacelano; di lampioni uno diverso dall’altro e che non danno illuminazione; di cani che, malgrado un’ordinanza sindacale, defecano sui marciapiedi sotto lo sguardo compiaciuto dei loro proprietari, che non si preoccupano di raccogliere le feci, così come il Comune non istalla i cassonetti porta-feci che ormai stanno in ogni parte d’Italia. E per le strade non vedrete quasi nessuno degli oltre cento Vigili Urbani che formano il corpo municipale, Tutti seduti dietro le scrivanie.
Signor Sindaco Damiano Coletta, lei ha avuto il coraggio o commesso l’imprudenza di aspirare a fare “riappropriare” la città dai suoi cittadini, e sta constatando quanto sia difficile ricostruire una città distrutta ed espropriata, specie con tutti gli ostacoli e i sabotaggio di cui la sua strada è cosparsa. Ma non demorda, vada avanti, con tutto il coraggio che Ella ha dimostrato di avere non continuando a vivere di rendita sociale nel suo posto di stimato primario di Ospedale, così come hanno fatto i Suoi collaboratori. Non demorda e non si deprima: non si fa tutto insieme. Cominciamo a restituire a tutti i cittadini dei marciapiedi praticabili e il gusto di vivere in una città che la retorica definisce ancora “nuova”, mentre è vecchissima, quasi in sfacelo.