LA SCOMPARSA A FORMIA DI DON ANTONIO PUNZO
La morte di don Antonio Punzo, già parroco della chiesa ex cattedrale di S. Erasmo, a Castellone, il rione “alto” di Formia, ha lasciato lo sgomento, sia per come è sopravvenuta (un malore improvviso e la morte avvenuta durante il trasporto all’Ospedale di Latina), sia per l’età, non tarda del sacerdote. Di don Antonio conservo personalmente un caro ricordo di quando frequentavamo entrambi il Liceo “Vitruvio Pollione” nella sua città natale (lui stava qualche classe dietro la mia, per ragioni di età): e i recenti incontri per brevi scambi di nostre pubblicazioni. Lui era ”nato” nella chiesa di S. Erasmo, e vi aveva vissuto il periodo degli scavi, lungo, tormentato, e prodigo di promesse di ritrovamenti, con il solito problema della mancanza di fondi. Si era tanto innamorato di quella avventura archeologica da scriverne in due libri con la collaborazione del professor Miele: il primo era una guida all’antico edificio, passato attraverso vicende di costruzioni e di rifacimenti, fino alle scoperte di arte longobarda, frutto degli scavi. Un secondo, recente (me lo aveva donato lo scorso anno, nella severa sala della canonica dove tuttora risiedeva, dando una mano a gestire la parrocchia al nuovo Titolare). Vi parla di alcuni approfondimenti su particolari delle cose emerse dagli scavi. Era felice di aver potuto lasciare il suo nome legato non solo al servizio sacro in Sant’Erasmo, ma anche al racconto che di esso aveva fatto. Con la stessa passione faceva il “custode”, il curatore della
chiesetta di Santa Matia La Noce, legata a tanti ricordi di guerra, di fughe, di assistenza, di amore per quel luogo romito in cima alla collina alle spalle di Castellone, che gli errori urbanistici del Comune sta trasformando in un sobborgo montanaro, senza spazi, senza strade, anzi con una sola strada stretta ed erta percorsa da camion-betoniere e da folle sempre più aggressive e veloci di auto di ogni cilindrata,. Malgrado gli spazi limitatissimi. Mi ci aveva accompagnato, con la solite indistruttibile cortesia, un pomeriggio dell’estate scorsa e si era soffermato a raccontare di ciò che la chiesa era stata per i Formiani durante la guerra, e di ogni cosa parlava con un amore straordinario. A poca distanza dal piccolo piazzale di arrivo della stradina, sorge la casa in cui passò lunghi anni il professor Antonio Sicurezza, il cui figlio Eugenio ha voluto regalare al Comune che, però, si è molto distratto nel farne un uso adeguato.
Di don Antonio non posso dimenticare la squisita delicatezza, la voce bassa e modulata con cui diceva le sue omelie nella messa del sabato, nella ingenua – direi pura – delicatezza, nella mitezza del tratto e nella gentilezza, oltre che nel suo servizio religioso. Ha concluso la vita che ha voluto dedicare alla sua Fede.
Che il Signore lo accolga tra le sue braccia.