MINTURNAE
RIEMERSO UN TRATTO
DELL’ANTICA VIA APPIA ROMANA
L’area archeologica di Minturnae (Comune di MInturno) sta conoscendo una nuova giovinezza. Sta “crescendo” grazie agli scavi che sono stati messi in atto nel corso di questo anno 2020. I risultati sono stati di grande interesse, e la documentazione fotografica che offriamo in questo breve reportage evidenzia l’interesse per il parzialmente nuovo (o meglio accresciuto) volto di questa popolosa città che per lunghi anni, fino alla crisi dell’Impero romano, detenne una posizione di potere economico, sociale e culturale nella pianura del fiume Garigliano. E’ l’area che gli studiosi, a partire in particolare dall’Ottocento, definirono come sito , senza riuscire a individuare le aree periferiche oggi per larga parte ancora immerse nei sedimenti terrosi che l’hanno ricoperta. E tuttavia, sono tuttora ben visibili alcuni siti esemplari dell’importanza e della ricchezza della città aurunca, che era divenuta “capitale” di un gruppo di città rurali e fluviali chiamate Pentapoli Aurunca, che furono debellate nel IV secolo a.C. dai Romani durante le guerre Sannitiche e che dal 295 a. C. è divenuta colonia romana. La città romana sorgeva a ridosso della riva destra del fiume Garigliano nel quale furono create attrezzature portuali che la resero uno degli insediamenti più importanti a metà strada tra il Latium Vetus e la Campania Felix. Indagini subacquee condotte per sei anni nell’alveo del fiume da parte del domenicano Dominick Ruegg, americano, hanno portato alla scoperta e al recupero di centinaia di monete coniate nell’arco di sette secoli, resti artistici o edilizi, segni di costruzioni periferiche e quello che doveva essere il banchinamento portuale, realizzato su palafitte individuate sotto le acque del Garigliano, l’antico Lyris flumen, in corrispondenza del punto in cui la via Appia si interrompeva prima di scavalcare il fiume stesso. Il collegamento città-porto dunque è ben documentato. Gli scavi condotti di recente hanno riportato alla luce un altro tratto della antica via Appia, che giaceva sotto un deposito detritico, forse di formazione paludosa, che ricopriva per poco meno di due metri l’antico tracciato. La singolarità del rinvenimento è data anche dal fatto che la strada, così come alcune vie trasversali urbane che vi si immettevano, è lastricata con pietra bianca a differenza del tratto già in precedenza emerso, che è ricoperto da basoli provenienti dalle lave del Vesuvio. Il tratto emerso risulta ricoperto da frammenti e da blocchi di pietra bianca posti alla rinfusa, che si vorrebbero provenienti da un’azione di volontaria interdizione del passaggio, o forse dal crollo del parato murario che delimitava il confinante spazio civico . Il ritrovamento ha confermato l’importanza di Minturnae, fino alle scorrerie ”barbariche” che costrinsero gli abitanti della città a trasferirsi sulla vicina collina dove costruirono la nuova e odierna città di Minturno. Il terreno sul quale sorge la città aurunco-romana è di proprietà del Comune di Minturno, la gestione è affidata alla Soprintendenza archeologica del Lazio. Il sito archeologico è meta di migliaia di visitatori.
(Le foto qui riprodotte sono di proprietà di Pier Giacomo Sottoriva)