LA CUCINA PAPALINA
E I DOLCI DI GAETA
NEI LIBRI DI BRUNO DI CIACCIO
Bruno Di Ciaccio ha ora il diritto di chiamarsi scrittore-gourmet o magari gourmet-scrittore a quattro stelle. La quarta stella si chiama col titolo curioso di “Quinto quarto e ingegno”. Il sottotitolo è “La cucina papalina” pubblicato dall’Editore Cuzzolin. Inoltre ha stampato un opuscolo che si chiama “Pane, dolci e gelati nelle tradizioni di Gaeta”. Ormai si è fatto una ottima fama: i suoi libri li chiedono un po’ dappertutto e chiedono anche la sua presenza, a volte faticosa perché deve fare lunghe sgroppate in Sicilia, in Calabria, a Napoli e dovunque lo chiamino per parlare di storia della cucina. Soprattutto nel Sud Italia, perché i suoi primi libri erano dedicati alla Cucina di Gaeta e alla Cucina al tempo dei Borboni. Per questa ragione (non va dimenticato che Gaeta è stata l’ultima capitale del regno delle Due Sicilie, fino al febbraio 1861, quando il Regno di Napoli firmò la resa ai Piemontesi nella storica ma ormai trasandata Villa Rubino, nella vicina Formia, e nacque l’Unità d’Italia. La formula di Bruno Di Ciccio è semplice ed efficace: una parte dedicata alla rilettura delle tradizioni gastronomiche dei luoghi prescelti, fatta attraverso tutto quello che riesce a consultare: libri antichi e moderni, giornali, gazzette d’epoca, pubblicità. Ed è già un gustoso antipasto, al quale si accompagnano immagini di documenti e di pagine antiche, personaggi, disegni curiosi e “seri”; e la parte che fa da clou dei suoi libri, ossia la ricerca e la descrizione puntuale dei vari piatti di tradizione, accompagnata dagli ingredienti e dalle porzioni, da una fotografia di un piatto pronto e da una breve ma esauriente spiegazione di come si arriva dagli ingredienti al piatto pronto per andare a tavola.
Per la cucina papalina (diciamo anche laziale) ha apparecchiato una tavola immaginaria contenente decine di squisite ricette, la più parte ancora utilizzabili e ghiotte, ma alcune che sono un prezioso retaggio di ricordi d’un tempo. C’è proprio tutto, dai rigatoni alla pajata alla coda alla vaccinara alle “fregnacce” di Rieti. E per i dolci e i gelati, ha fatto in fretta; voleva completare la serie di argomenti ma evidentemente gli è mancato il tempo di dedicarsi a queste ricerche più complicate perché non sono molti i dolci che conservano ricette e ricordi e che sono parte della storia della gastronomia. Ma non gli è mancato il tempo per ricordare dei biscotti che sono durati fino ai primi decenni del Novecento. Tra essi i Biscotti Serapo, prodotti da Giovambattista Di Ciaccio (come si vede l’arte scrittoria di Bruno ha dei precisi riscontri nei cognomi di un tempo). I Biscotti Serapo erano un cadeau che chi veniva a Gaeta non poteva non comprare. Erano confezionati nelle classiche scatole di latta, con una bella immagine di Gaeta impressa su di essa. Insomma, il piacere del mangiare si accompagna al gusto delle piccole scoperte che fanno la storia di una città. E di un’arte E Bruno Di Ciaccio ci è riuscito alla perfezione.