IL TERZO LIBRO DI BRUNO DI CIACCIO: LA CUCINA AI TEMPI DEL PAPA-RE
Dopo i due volumi dedicati a “La cucina di Gaeta” e a “La cucina al tempo dei Borboni”, Bruno Di Ciaccio ha centrato il terzo obiettivo della sua gustosa fatica attraverso la gastronomia dei tempi e dei luoghi. l’Editore Cuzzolin ha, difatti, pubblicato “Quinto quarto e ingegno. La cucina della Roma papalina”, scostandosi dal suo naturale habitat culinario-storico rappresentato dalla influenza della Campania. La traccia che ha seguito è quella ormai ottimamente collaudata della indagine volta a ricordare e riscoprire le ricette della tradizione regionale, accompagnandole con gustosissime “chicche” documentarie fatte di antichi giornali che parlano di cucina, testi classici, come le rime di Giuseppe Gioacchino Belli o come il De Re Coquinaria di Apicio; e meno noti, che ha scoperto frequentando le sue fonti letterarie, di cui fanno parte anche le immagini direi inevitabili disegnate da Bartolomeo Pinelli, che costituiscono il colorito contorno di ogni pubblicazione dedicata al Sette-Ottocento della Roma papalina. L’altro marchio di Di Ciaccio fabbrica è la descrizione precisa delle singole ricette, talune illustrate da fotografie fornitegli da illustri chef che ancora le preparano per i loro clienti, dall’elenco degli ingredienti necessari od opportuni, e dal modo con cui si cucinano per trarne il maggior gusto possibile. E la cosa più gradevole è che accanto alle tradizionalissime ricette dei Rigatoni alla pajata o degli Spaghetti all’amatriciana, Bruno Di Ciaccio riporta alla luce ricette apparentemente meno pregiate, che ha saputo riscoprire traendole dal fondo della non-memoria in cui rischiavano di perdersi. Un libro che vale davvero la pena tenere a portata di fornello.
Se l’area esplorata è quella romano-laziale, Di Ciaccio non esita a fare qualche contaminazione di buon gusto con qualche ricetta umbra o toscana che ha avuto buoni assaggiatori nel Lazio. Mi sento di dire senza il timore di essere considerato un piaggiatore, che Bruno Di Ciaccio ha creato non solo un altro bel libro, ma ha offerto ai suoi lettori l’occasione per rinverdire antiche tradizioni che, pur note, rischiano di restare fuori dalle tavole quotidiane.