UN PAESE DALLA MEMORIA CORTA
Questo nostro benedetto Paese sembra a volte avere la memoria molto corta. Troppo corta.
Sembra, infatti, che abbia dimenticato alcune fondamentali cose che appartengono alla sua storia, quella bella e quella brutta. Provo a fare un elenco, sicuramente deficitario: ognuno lo completi come desidera.
1. L’Italia fascista ha fatto guerra ad alcune nazioni africane, portando sul loro suolo e dentro i loro confini migliaia di soldati ed armi di distruzioni pronti ad uccidere, e tra esse i gas asfissianti, coi quali sono stati bombardati miseri villaggi indifesi, e che hanno provocato migliaia di morti orrende. Ricordiamo la guerra per conquistare la Libia, e quelle per l’Etiopia (o Abissinia, come si diceva con qualche disprezzo), Eritrea e Somalia. Il tutto per “costruire un Impero”, per sottrarre terreno coltivabile alle povere popolazioni locali, per importare a basso prezzo i loro prodotti
2. Latina ha ospitato per oltre venti anni un Centro internazionale AAI-CIME per i profughi che provenivano dall’Est comunista. Oggi i locali che li ospitavano sono occupati dal Polo universitario di Latina. Vi hanno trovato rifugio migranti che fuggivano un regime comunista contestato: dai Balcani, dalla
Cecoslovacchia, dall’Ungheria, dalla Polonia. Questa gente è servita, in cambio di un alloggio, a condurre anche una battaglia politica dei Paesi occidentali contro quelli orientali. Triste dirlo, ma mi sembra certo.
3. Nel dopoguerra Latina ha ospitato molti di coloro che furono cacciati dalla Libia di Gheddafi, dalla Tunisia e da altri Paesi africani, in virtù della legge del contrappasso
4. Latina e Gaeta hanno ospitato i profughi dell’Esodo: Istriani, Dalmati e in genere Giuliani scacciati dai governi balcanici che si “vendicavano” del trattamento ricevuto dalla invasione bellica italiana. Il Villaggio Trieste di Latina (per gran parte sostituito da nuovi palazzi) ne è una testimonianza
5. Molte migliaia di albanesi sono stati accolti tra le nostre comunità dopo la caduta del regime comunista di Enver Hodxa
6. Poi è stata la volta di migliaia di Polacchi, che fuggivano il regime comunista e trovavano ospitalità presso alberghi e organizzazioni assistenziali
7. Tutti questi sfortunati hanno incontrato la faccia presentabile dell’Italia mediterranea. Poi sono cominciate le migrazioni dalle Filippine; oggi le definiremmo migrazioni economiche, fatto sta che sono migliaia i filippini che si sono stabiliti in Italia, che vi hanno trovato lavoro, hanno dato il loro contributo di idee e di fatiche spesso umili per aiutare l’Italia a gestire le proprie carenze.
8. Grazie a Shengen abbiamo accolto molti cittadini degli altri Paesi europei (ungheresi, romeni) p di Paesi con questi confinanti (Ucraina, Moldavia, ancora Balcani, ecc.).
9. Non posso e non voglio, infine, dimenticare che la Provincia pontina si è costruita anche sul grande contributo assicurato durante la bonifica degli anni Trenta da cittadini provenienti dalle Regioni del Triveneto, dalla Emilia-Romagna, dall’Abruzzo, dalle Marche. E spesso non erano persone rifinite e professionalmehte formate, come la astiosa polemica tra Onc e Commissariato alle Migrazioni Interne dimostra. Erano piccoli artigiani, barbieri, sarti, meccanici, erano contadini senza terra e senza reddito, erano mendicanti, erano persone invise al fascismo, che venivano “punite” inviandole in terra di palude, dove il più delle volte hanno potuto costruire una vita più degna, laboriosa, faticosa.
In tutti i casi l’Italia si è sobbarcata al peso di condividere angoli della propria società e pezzi di Paese con questi vicini di casa, che ci chiedevano aiuto. Ne abbiamo tratto anche grandi giovamenti (vogliamo ricordare solo le badanti che hanno inventato un mestiere e hanno aiutato lo Stato e le famiglie italiane a gestire la parte più faticosa dell’assistenza alle persone anziane)? Molti di questi immigrati, per motivi politici o economici, sono divenuti piccoli imprenditori ed hanno aiutato l’Italia a produrre contributi con i quali si pagano pensioni e altre spese pubbliche. Sono diventati nostri concittadini, senza dimenticare i tanti che sono giunti dal sub continente indiano e che spesso sono diventati semi-schiavi di “imprenditori” italiani, specialmente agriocoli. La provincia pontina sa molto di questo. E anche la cronaca dello sfruttamento, degli incidenti mortali, della vita indecente e sub umana. Questo è anche ciò che succede nel mondo e nei Paesi del mondo che hanno maggiore fortuna di altri.
Perché, allora, oggi a questa gente voltiamo le spalle, anzi su di loro creiamo i capisaldi di una politica di autarchismo antropologico? Perché li facciamo girare per giorni e giorni sul mare, a viverre su pochi metri quadrati di nave e a servirsi in decine e centinaia di uno o due servizi igienici?. E se la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Argentina avessero respinto i nostri migranti che dalla fine dell’Ottocento in avanti andavano a cercarvi una vita migliore? Perché dimentichiamo queste cose? E non voglio neppure richiamare il “primato della civiltà romana e latina e mediterranea ed europea” e tutte le retoriche che sono uno dei tratti caratteristici del nostro cattivo modo di concepire la pace e la vita associata su di un mondo che non ci appartiene che per poche decine di anni? In nome di quale civiltà e di quale principio etico accettiamo imperturbati il ripetersi degli eventi che determinano e hanno determinato migliaia di morti in mare?
Io non ho risposta da dare, perch*è lòe mioe sono domande retoriche. E non mi dite: perché lo vuole il “popolo italiano”. Dovrei far parte di quel popolo? Confesso che non riesco proprio ad adeguarmi a questa “politica”, dalla quale non mi sento protetto.
E povera Europa che fa trattati per costruire su un paesino che si chiama Visegrad dei principi di egoismo inaccettabili.
ANIME NEGRE
Anime negre, che saliste dagli abissi
Ove acque pietose vi avvolsero
Mentre noi vi respingevamo
E Voi cercavate mondi nuovi
Per costruirvi una vita meno incerta.
Anime negre, ora vi raccogliete
Con altre anime, gialle, bianche, grigie
Olivastre, formando una nuova iride
Senza colori inutili, scolorata dal dolore.
Anime negre che noi depredammo
E poi lasciammo in una nuova miseria
Facendovi solo assaporare
Il dolce mai avuto di una vita diversa
Ed oggi vi respingiamo negli abissi donde venite
Perché date fastidio alla nostra vita pigra
E non vogliamo rinunciare agli agi
Che un tempo a voi sottraemmo.
Anime negre, abbiate pietà di noi
Che solo la grande misericordia
Del Dio misericordioso salverà
Dagli abissi in cui precipitaste
Per darci il privilegio di vivere in morte con voi.