CROLLO DEL PONTE DI GENOVA
REAZIONI DISCUTIBILI
RIFLESSIONI AMAREE
Questo blog non ha la pretesa di superare i limiti di trattazione degli argomenti che si è dato. Ma quanto è avvenuto a Genova, dove il crollo di un ponte che un tempo fu giudicato orgoglio dell’Italia ha provocato la morte di 44 persone, il ferimento di altre 15 e oltre seicento sfollati, oltre a mettere in gravissima crisi tutto un sistema di vita della Città, merita qualche modesta eco anche qui.
E mi sembra di poter personalmente condividere quanto ha scritto oggi nell’articolo di fondo de Il Messaggero, il politologo Alessandro Campi, a proposito delle reazioni scomposte di cui i Rappresentanti ufficiali del nostro Paese hanno dato spettacolo nell’immediato del fatto e nei giorni successivi. Non la dolorosa constatazione di un evento tuttora inspiegato; non la preghiera consolatrice per chi ne era rimasto vittima; non la ricerca degli strumenti per affrontare la tragedia col sangue freddo e la mente lucida che si chiede a chi governa; non un piano razionale e organizzato di azioni da svolgere e i tempi entro cui svolgerle. Nulla di tutto questo, che è venuto affastellandosi disordinatamente, e a volte contraddittoriamente, solo in appresso. Ma linciaggi sulla piazza del mercato, come ai tempi di Masaniello; accuse a singole persone fisiche, in un sistema di diritto che riconosce e regolamenta le Persone Giuridiche e la loro responsabilità; ma l’indicazione sguaiata dei nemici politici da mettere alla gogna, dopo aver criticato la distruttività della gogna; ma la ricerca del consenso, anzi del Consenso raccolto dalla pancia, persino in una chiesa, in un luogo sacro per chi ci crede, come era diventata la sala della Fiera del Mare di Genova, dove si celebrava un rito di suffragio e di ricordo amoroso, e dove Fratelli musulmani hanno dato una lezione di socialità sconosciuta a chi batteva le mani o addirittura fischiava avversari politici; ma la violazione della presenza del Dio Unico in quella sala in cui ci si facevano persino i selfie nei pressi delle bare!
Che tristezza. E’ questo il Cambiamento che ci è stato promesso? Scrive Alessandro Campi su Il Messaggero del 20 agosto 2018, prima pagina: Si è sentito e visto davvero di tutto nelle convulse giornate che hanno seguito la tragedia di Genova. L’ansia di giustizia dei cittadini trasformata in spirito di vendetta popolare con la ricerca di facili capri espiatori più che di colpevoli effettivi.
La celebrazione religiosa delle vittime che avrebbe richiesto un doloroso silenzio, ridotta ad occasione di strumentale polemica tra partiti. La certezza dei diritto sacrificata sull’altare della propaganda populista per bocca dello stesso Presidente del Consiglio (peraltro un giurista). Accuse incrociate e insensate tra le diverse forze politiche sulle responsabilità del crollo. E poi legioni di maniaci della tastiera trasformati in esperti di scienze delle costruzioni e di diritto amministrativo, capaci di discettare di cedimenti strutturali e di revoche delle concessioni con la stessa facilità con cui una settimana fa pontificavano sui pericoli e i vantaggi delle vaccinazioni. Per non dire del ritorno di fiamma statalista e nazionalizzatrice in un Paese dove fino all’altro ieri lo Stato era accusato di essere corrotto, sprecone e inefficiente dagli stessi che oggi vorrebbero riaffidargli la proprietà e la gestione della rete autostradale:
Sottoscrivo tutto, da cittadino, spaventato e quasi terrorizzato che quelle persone sono le stesse che ci stanno governando in nome del Cambiamento. E mi viene da temere che Cambiamento non sia una parola positiva, ma un pericolo capace di rievocare passate catastrofi. E come ignorare che quegli stessi che oggi accusano i gestori autostradali di essere causa del crollo, poche settimane addietro avevamo detto che il pericolo di un crollo del ponte era una favoletta. Di quegli stessi che accusando gli altri di aver preso soldi dai gestori autostradali, hanno ammesso candidamente di avere, anche essi incassato 150 mila euro di elemosina. Ma solo perché li avevano incassati tutti. E che con quel tutti si erano autoassolti, ma lasciando gli altri nel peccato di corruzione.
Per fortuna che tra quegli stessi non c’erano quel galantuomo che si chiama Sergio Mattarella e quel sacerdote che è Angelo Bagnasco.