16 Luglio, 2014 - Nessun Commento

ELISABETTA RASY, GIULIA FIGLIA DI AUGUSTO, VENTOTENE E UN’OCCASIONE PERDUTA

ventoteneVentotene è un’isola che ispira la scrittura. Anche Elisabetta Rasy, frequentandola, se ne è sentita ispirata (vedere “Memorie della figlia di Augusto”, su Il Sole 24 Ore di Domenica 13 luglio 2014). Ma se ne è sentita in senso negativo: ne scrive per non scriverne, per non parlare di Giulia, figlia di Augusto e moglie di almeno tre mariti, l’ultimo dei quali Agrippa, e di non si sa quanti altri amanti, pare anche della suburra di Roma. E con il particolare di avere figli che assomigliavano sempre ai mariti, sicché qualcuno le attribuisce il motto: Numquam, sine nave plena, tollo vectorem”, che a voler tradurre significherebbe in metafora, che non prendeva il pilota se non quando la nave era ben riempita. Povera Giulia, quante se ne è sentite dire, a cominciare dal padre, che, alla fine, stufo di sentir parlare delle disavventure amorose (o dei complotti a suo danno) della figlia, la segregò sullo splendido nero scoglio di Ventotene, un’isola in mezzo al Tirreno la cui ridotta ampiezza è inversamente proporzionale ai miti e alle storie che ha ispirato e generato. L’ultima è quella di Altiero Spinelli, l’uomo che profetò dell’Europa unita quando l’Europa si stava sbudellando nella Seconda guerra mondiale. Elisabetta Rasy non scriverà di Giulia, e questo è un peccato, perché avrebbe potuto dire dei suoi pensieri (“da qui era sempre inverno”), della sordida grettezza del padre (che fin da quando lei aveva due anni si dette a pensare a chi ammogliarla), ma che le fece costruire una gigantesca villa su quella minuscola isola, dandole in dote, dice sempre il mito gossipparo, almeno duecento servitori di ogni razza tra quelle conquistate. Anzi, fece anche costruire un porto tutto per lei, in un’isola importuosa, un porto che ancora esiste, e che è un grande buco scavato in milioni di metri cubi di roccia vulcanica, che servirono a creare gli sbarramenti antiflutti. Peccato che Elisabetta Rasy abbia rinunciato a regalarci un racconto, magari meno cerebrale dei bellissimi pensieri che Marguerite Yourcenaire fece lievitare nella testa del “suo” Adriano; e magari molto più mediterranei, abbeverandosi ai cromatismi di quel mare, di quelle rocce e, soprattutto, di quelle leggende che Ventotene continua ad ispirare.

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