LE ELEZIONI NELLA PONZA DEL 1861
LE LEGALI ILLEGALITA’ DELLA CAMORRA
Il 21 di agosto del 1861 veniva spedito dall’isola di Ponza a “Sua Eccellenza il Segretario Generale del Dicastero Interno e Polizia” un ricorso a stampa di ben sei pagine, firmato da sei cittadini, che si rivolgevano all’autorità centrale sottoponendole i problemi che affliggevano l’Isola e che avevano già costituito argomento di un opuscolo che aveva per significativo titolo “Le piaghe di Ponza”. L’inizio della lettera è lunghissimo (dieci righe, senza tirare il fiato) ma fulminante: vi si denuncia che sull’isola comanda una “consorteria di camorristi che si ripartono le funzioni ed il peculio pubblico, con il manifesto accordo delle autorità amministrative della Provincia”. All’epoca Ponza ricadeva nella circoscrizione di Napoli. Nel 1854 l’autorità di governo centrale (c’era ancora il Re di Napoli) aveva disposto che le cariche pubbliche (soprattutto impiegati comunali e guardia civica) fossero sostituiti da persone più degne, ma nulla era cambiato, anche per la buona ragione della rivoluzione che aveva cancellato il Regno di Napoli e introdotto il Regno unitario d’Italia. Era la dimostrazione che tutto era cambiato perché nulla mutasse, a mo’ di Gattopardo. Come capo esemplare di tale anomalo e illegale stato di cose, nel ricorso si indica la figura del parroco Vitiello che, benché colpito da mandato di arresto, si era reso latitante, continuando ad esercitare il monopolio sui fatti civici attraverso i suoi manutengoli. Di tale stato di cose era stata redatta una memoria sotto il titolo “Ponza e la famelica famiglia Vitiello”.
La possibilità di liberarsi di questo imbarazzante stato di cose capitò il 2 giugno 1861, quando furono convocati i comizi elettorali che avrebbero designato i nuovi amministratori pubblici, sulla base della nuova legge elettorale. Ma la lista dalla quale si dovevano estrarre i nomi da eleggere , formata inizialmente da 50 persone capaci di leggere e scrivere, fu “rimpolpata” surrettiziamente da altri 36 nomi, tra i quali il Vitiello – secondo gli scriventi – inserì persone illetterate (e quindi non candidabili), tra le quali ben 12 erano parenti fra loro, c’era persino un minorenne e tre sacerdoti. Tutti erano legati al Vitiello. E, manco a dirlo, furono proprio questi gli eletti, che presero in mano l’amministrazione. Partirono i reclami all’autorità di controllo, ma, malgrado le palesi irregolarità della lista, che non era stata neppure esposta al pubblico, vennero confermati gli eletti, dei quali non era stata data neppure la pubblica proclamazione (i verbali furono redatti tre giorni dopo lo spoglio delle schede). Insomma, era il compimento di quella che il reclamo definisce una “schifosa e viziosa elezione”. L’elezione veniva convalidata ed essa portava a capo della civica amministrazione il sindaco Raffaele Mattera “il più obbrobrioso del paese, che da illetterato ed ex soldato borbonico e reazionario, ritrae la sua sussistenza col fare il marinaro-fachino, mentre la moglie si esercita nella bettola”. Un quadro davvero poco edificante, che, però, le autorità provinciali non giudicarono illegittimo, confermando, come si diceva, l’esito elettorale. Da qui il ricorso all’Intendente governativo, con richiesta di scioglimento del Consiglio comunale. La storia a nostra conoscenza non dice come sia finita…