APRILIA E ANCHE LE ISOLE PONTINE (MA E’ VOCE ISOLATA) VOGLIONO LASCIARE LA PROVINCIA DI LATINA
Povera provincia di Latina, ormai prossima ad essere chiamata “ex” o “già”. Non bastano tutti i problemi di sua sussistenza emersi nell’immediato secondo dopoguerra. All’epoca il discorso era, come si diceva, “politico”, cioè antifascista; ma anche questione di mero campanile, come testimonia la relazione di 16 pagine che il dottor Tommaso Testa di Formia inviò al Governo di quei tempi, nell’autunno del 1944 (la relazione può essere cercata all’Archivio centrale dello Stato).
Formia, in quella relazione, rivendicava il suo diritto al distacco anche per ragioni “di razza” (è scritto proprio così, e, purtroppo, il prof. Testa, che pure era un intellettuale, non riusciva a comprendere, in quegli anni, la portata insultante che il vocabolo “razziale” aveva, alla luce delle obbrobriose esperienze che nazismo e fascismo avevano consumato alle spalle di tanta povera gente. Formia rivendicava, ora che il fascismo era stato seppellito ciò che non aveva osato chiedere quando il fascismo era al governo. Non alzò una sola voce di protesta (contrariamente a quanto aveva fatto nel 1927 Cassino nei confronti di Frosinone, nuovo Capoluogo di provincia) quando, dopo la soppressione della provincia di Caserta/Terra di Lavoro, tutto l’attuale Lazio meridionale marittimo era stato prima assegnato alla provincia di Roma e poi a quella di Littoria. Non una voce di protesta o di rivendicazione.
Oggi, che la provincia di Latina sta per essere liquidata, alla soglia del suo 80° compleanno (18 dicembre 2014), si affacciano nuove voci di distacco. Aprilia – nata dalla cessione di grandissima parte del territorio che in suo favore aveva dovuto fare Cisterna – già ci aveva provato il 10 agosto 1945, senza che alcuno prendesse in considerazione quella sua proposta di distacco. Ci riprova oggi, annunciando il suo desiderio di passare dalla nuova provincia “di Marittima e Campagna” all’Area metropolitana di Roma.
E persino il piccolo arcipelago delle Isole Pontine (pardon, Ponziane, con tutto il rispetto per Ventotene che rifiuta di farsi chiamare “ponziana”) trova un amatore che propone, niente meno, di restituire i due comuni di Ponza e Ventotene alla provincia di Napoli. In questo modo, è la singolare tesi, le due isole sarebbero ricongiunte alle matrici demografiche del ripopolamento settecentesco, vale a dire Ischia, Procida e Torre del Greco (ma non si ricorda che tra i primissimi nuovi abitanti di Ponza e di ventotene c’erano anche 100 forzati, inviati nel luglio 1768, e altri 300 forzati inviati nel marzo 1771).
Quale può essere l’interesse di Ponza e Ventotene di ritornare a “formare” il nuovo arcipelago di Capri-Flegree- Pontine (o Ponziane pro parte)? Quella di fare la parte delle figlie di un dio minore?
Chiedo scusa ai tanti amici e conoscenti ponzesi e ventotenesi: non intendo recare loro alcuna offesa, ma solo invitarli a far tacere quella voce anacronistica.