6 Febbraio, 2015 - Nessun Commento

MOZZARELLA E MERCATO: QUANDO COMMERCIALIZZARE NON RISPETTA LA “TIPICITÀ”

mozzarellaAlcuni anni fa i produttori di mozzarella pontina decisero di aderire al Consorzio per la mozzarella di bufala campana e da allora e per molti anni (non so se anche ora) la mozzarella pontina è stata commercializzata con il marchio di “mozzarella di bufala campana”. In quel periodo mi interessavo di turismo e di giornalismo, ed avevo ben chiaro il concetto di “tipicità” del prodotto e di “identità” del territorio, di cui oggi si parla spesso a vanvera. In quello stesso periodo il vino a Doc prodotto nelle campagne di Aprilia e di Cisterna (ma anche di Latina e del Circeo) dopo tante ricerche, applicazioni e voglia di impegnarsi) venne venduto sotto il marchio commerciale di “vino dei Castelli Romani”, che aveva sicuramente una storia più antica e importante, ma per molti versi differente dalla nostra. Mi capitò, perciò, di scrivere sul quotidiano Il Messaggero, del quale ero collaboratore, un articolo nel quale muovevo qualche obiezione a questo desiderio di sppossessarsi della “tipicità” pontina a favore di altri. Ne ricevetti una irritata risposta dal direttore (o forse dal presidente) del Consorzio per la mozzarella di bufala campana, che dava il marchio ai latticini nostrani, e che da Caserta tuonava rispondendo alle mie caute obiezioni dicendo, in poche parole, che non sapevo nulla di commercializzazione dei prodotti. La stessa cosa mi fu obiettata da qualche rampante operatore pontino. In effetti, non facevo quello specifico mestiere, pur facendone uno molto prossimo (promotore di turismo). Ma non facevo questione di professionalità, quanto di buonsenso. Poi vennero gli sversamenti diffusi di materiali inquinanti nei terreni agricoli e di pastura delle bufale della Campania. E venne fuori lo scandalo della “Terra dei fuochi”, che era quella stessa terra che produceva il latte della bufala campana. La nostra mozzarella, pur se prodotta in un territorio completamente diverso e sicuramente più sano, seguì la sorte prodotta da quella cattiva pubblicità. Io non so, ripeto, quale sia la vendita dei prodotti pontini, né se essi si sono restituiti al territorio di produzione. So, però, perché me lo segnala un amico, Lorenzo Tonioli, da Bologna, che la situazione della mozzarella campana (cioè prodotta in Campania) è precipitata. Per saperne di più basta collegarsi al seguente sito, e ne tragga le conseguenze http://www.ilmattino.it/MANGIAEBEVI/LENEWS/effetto-terra-dei-fuochi-crolla-l-amp-39-export-di-mozzarella-di-bufala-57-milioni/notizie/1146202.shtml

2 Febbraio, 2015 - 2 Commento

FU BONOMI A RIBATTEZZARE LITTORIA COL NOME DI LATINIA

LATINA_LITTORIAIl quotidiano La Stampa di Torino del 23 novembre 1944, in una corrispondenza che – chissà perché – è datata da “Tangeri, mercoledì sera”, informa che “Bonomi ha deciso che la città di Littoria si chiami Latinia. Il nome del centro rurale costruito dal Fascismo (ndr: questo sostantivo è ancora scritto con la iniziale maiuscola perché La stampa si pubblicava nel Nord ancora in mano alla Repubblica di Salò) per dare una casa e un podere ai contadini italiani, sarà così depennato nei ruoli dei comuni e scalpellato nelle insegne stradali”. Il commento del quotidiano è coerente con la sua posizione geografico-politica: “Bonomi e compagni si illudono di poter cancellare dalla storia e dalla geografia con una stolta quanto inutile deliberazione, uno dei capolavori della titanica lotta condotta da Mussolini nell’Agro pontino. La deliberazione di Bonomi lascia il tempo che trova. Resta, però, la constatazione di un deplorevole e ridicolo sfregio che, se non intacca la sostanza, costituisce, comunque, una ingiuria al buon senso”. Ivanoe Bonomi, liberale, fu presidente del Comitato di Liberazione Nazionale e primo ministro dal giugno alla fine di novembre 1944. Traccia di quella sua decisione toponomastica si rileva da alcune lettere che ho avuto modo di leggere tra le carte dell’ Archivio di Stato di Latina. Cambia, dunque, sia pure di poco, la procedura fin qui conosciuta relativamente al mutamento del nome del capoluogo pontino. In realtà – a parte la piccola differenza nominale tra Latina e Latinia – Bonomi fu un precursore, perché solo nel gennaio 1945 la Commissione provinciale pontina composta dai partiti del CL provinciale, deliberò, a maggioranza, di abbandonare Littoria per un nuovo nome, inoltrando la pratica al Prefetto che, a sua volta, la inviò al Governo. Solo nel maggio di quello stesso anno, il cambiamento del nome fu sancito con un decreto.

28 Gennaio, 2015 - Nessun Commento

CENTO ANNI FA, UNA CATTIVA PACE OGGI SITUAZIONI RIBALTATE E IGNORATE

 Alexis Tsipras           ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis

Alexis Tsipras ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis

Proviamo a parlare di “guerra di Europa”, dopo la vittoria di Tsipras in Grecia. A sintetizzare al massimo (passando attraverso le contestazioni italiane, francesi e spagnole, oltre che elleniche, alla politica del rigore tedesco) la Germania è la “responsabile” della situazione di “stallo armato” perché non tiene conto delle diverse esigenze dei Paesi del Sud Europa. E non si sposta di un passo. Da un punto di vista di rispetto delle regole, sembrerebbe che essa abbia ragione. Dal punto di vista della storia, forse dovrebbe ripensare al suo stesso passato, a parti invertite. Vediamo perché.

La fine della I Guerra mondiale contiene, ormai per unanime valutazione, le ragioni della II Guerra mondiale. Nel desiderio di vendicarsi della Germania, le Nazioni europee vincitrici e che più hanno sofferto il conflitto (Francia e Gran Bretagna) impongono a Versailles una pace micidiale: vogliono “asfaltare” la Germania, imponendole il disarmo totale e una serie di obblighi economici gravosissimi (la Francia mette in conto anche la fornitura gratuita di alcune centinaia di migliaia di pali di legno!). Il dopoguerra tedesco è economicamente miserabile, politicamente agitato e sfocia in una spaventosa inflazione (un litro di latte costa centinaia di milioni di marchi) e in agitazioni politiche che, piano piano, portano a galla Hitler, il riarmo (tollerato) e una politica aggressiva e vendicativa. E la II Guerra mondiale. Ce n’ è quanto basta per dire (come dice la critica storica) che la pace ha prodotto una ricetta deleteria. Dovrebbero rifletterci (oggi) la Unione Europea e la stessa Germania. E, invece, le cose si ripetono a parti invertite.

La Germania impone alle Nazioni più deboli (il Sud Europa) un’ austerity che esse non riescono a gestire. Nelle Nazioni Europee in sofferenza si creano eccessivi disagi economici, sociali e politici, che portano a “ribellioni” contro la c.d. “Troika”, ossia contro la politica di austerity. La Germania, dimenticando quello che ha passato e subìto (e fatto subìre) con la II Guerra, va avanti nella sua strada-. In Grecia vince la sinistra estrema, che si allea con la destra (una evidente contraddizione logica) per contestare la UE, minacciando di non rimborsare il proprio debito o, addirittura, di uscire dallo Euro. Cioè, un patatràc.

Perché gli economisti e i politici tedeschi non si interrogano su questa situazione che, ribaltando le posizioni di 100 anni fa, rischia di distruggere quanto di buono si è fatto sul piano della unità continentale attraverso uomini di lunga vista e di tutte le estrazioni nazionali (il tedesco Adenauer, Alcide De Gasperi, il francese Robert Schumann)… (punto interrogativo), e facendo sempre più invecchiare il nostro povero “vecchio continente”.

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