17 Febbraio, 2016 - Nessun Commento

Latina e la sua (poca) cultura
CATTIVI MAESTRI
E PESSIMI ALLIEVI

Rifiuti abbandonati di domenica sul marciapiede in Viale dello Statuto

Rifiuti abbandonati di domenica sul marciapiede in Viale dello Statuto

LATINA  – Nel 1950 lo storico Angelo Del Boca scrisse per Il Mattino di Napoli un aspro articolo su Latina, chiamandola “giovane decrepita”. Forse Del Boca anticipò troppo i tempi, ma a leggere le cronache di oggi e a osservare i comportamenti di base, elementari dei suoi abitanti viene proprio non da ribellarsi a quella definizione, ma di condividerla. Non vi è dubbio che Latina negli ultimi anni ha fatto qualche progresso solo nell’arte pallonara, avendo iscritto sul proprio civico gonfalone la “gloria” di aver partecipato (finora) a tre campionati di calcio nella serie B. A chi di calcio non mastica nulla o non gli attribuisce tanta importanza redentrice, viene da dare ragione. Anche perché le antiche considerazioni di Angelo Del Boca sono state abbondantemente sostituite dalle recenti constatazioni delle indagini demoscopiche e comportamentali che appaiono su vari giornali economici e di altro genere, che relegano Latina, costantemente da anni, agli ultimi posti nella classifica nazionale. Viene malinconia a pensare ai bei tempi occorsi fino a circa le metà degli anni Settanta del secolo scorso. Ma era, appunto, il secolo scorso.

Perché questo decadimento, viene da chiedersi. Per via di una classe dirigente che alla prova dei fatti si è dimostrata incapace, se non scadente: nessun indirizzo che distingua Latina-Capoluogo da qualsiasi altro Comune; non una scelta capace di segnare la identità della Città (l’ ultima è il Palazzo della Cultura, che risale ai tempi di Nino Corona!); anzi, l’ unica identità (che peraltro non apparteneva a Latina ma a Littoria) ossia l’ aspetto urbanistico e la caratterizzazione di “città nuova”, è stato annientato proprio dagli uomini di destra, che invocano la città di fondazione e poi la affondano nei fatti. Soprattutto con l’ urbanistica. Non mi va di ripetere le autentiche schifezze che ormai si leggono quotidianamente sui giornali a proposito degli impicci, degli accordi, delle società, degli errori voluti o pilotati, delle associazioni di certi personaggi esponenti della cosiddetta “classe dirigente”. Ma che cosa sta dirigendo, forse solo se stessa. Verso i cittadini è una classe di cattivi maestri.

Ma diciamocela tutta: noi cittadini stiamo dando una robusta mano ad affossare questa città. Se il segno di una dignità, che è cultura di una società, è il modo con sui gestisce i servizi essenziali, dobbiamo dire che Latina merita gli ultimi posti che occupa nelle graduatorie. Il servizio di nettezza urbana primo fra tutti. Ma noi cittadini che cosa facciamo… Basta guardare le fotografie che pubblichiamo: noi cittadini sversiamo i nostri rifiuti sui marciapiedi per non prendere il disturbo di conferirli a due km dal centro urbano, o di chiamare l’ apposito servizio che per pochi euro garantisce lo smaltimento e ci evita di sentirci degradati come un qualsiasi paese del terzo mondo. Cattivi maestri, sì, ma anche pessimi allievi. Noi cittadini di Latina.

1 Febbraio, 2016 - Nessun Commento

IL PRESIDENTE MATTEO RENZI
IN VISITA ALL’ EX ERGASTOLO DELL’ISOLA DI VENTOTENE
80 MILIONI PER FARNE UN CENTRO EUROPEO

santo stefanoSabato 30 gennaio 2016, il Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha visitato, su invito del Sindaco Giuseppe Assenso, l”isola di Ventotene e si è recato anche sull’isolotto di Santo Stefano che ospita i resti dell”ex ergastolo di Stato. Renzi ha promesso che l”ex carcere verrà salvato per farne un centro di formazione per l’Unione Europea. Ha dichiarato che saranno destinati allo scopo 80 milioni. Si dovrebbe, così, concludere a distanza di circa mezzo secolo dalla chiusura i tentativi di salvare un complesso che è stato mandato in rovina e che poteva essere una risorsa per l”isola. Ma tutto è bene quel che bene se finisce. Se bene finirà. E” interessante, comunque, osservare che la destinazione prevista è largamente compatibile con le previsioni che gli enti locali pontini hanno da tempo fatte. E a questo proposito sembra opportuno ripercorrere in rapida sintesi la storia di questo ergastolo e delle iniziative per salvarlo. Questa storia nasce da un prologo alla relazione che accompagnò un progetto di ripristino presentato anni fa alla Regione Lazio dall”Ente Provinciale per il Turismo di Latina (oggi soppresso) e dal Comune di Ventotene.

L”ex ergastolo

Sull’isolotto di S. Stefano, distante circa un miglio marino dall’Isola capoluogo di Ventotene, trovano ubicazione gli edifici che fino al 2 febbraio 1965 costituivano la cittadella dell’ergastolo di Stato. Si tratta di un complesso di costruzioni raccolte attorno all’edificio che fu fatto costruire da Ferdinando IV di Borbone sullo scorcio del XVIII secolo, a conclusione dell’opera di ricolonizzazione delle Isole Pontine (rimaste disabitate per alcuni secoli), e della impostazione e realizzazione urbanisticoedilizia degli abitati di Ponza e Ventotene.

Il complesso ergastolare fu progettato dal tecnico Francesco Carpi ed iniziò a operare nel 1795. Era previsto che ospitasse circa 600 condannati per reati comuni, ma ben presto diventò anche prigione per politici: dopo la Rivoluzione del 1799, che portò alla creazione della effimera Repubblica Partenopea; dopo la restaurazione borbonica su S.Stefano furono dirottati numerosi protagonisti 8, piccoli e grandi, di quegli avvenimenti. Questa destinazione fu poi mantenuta nei successivi centocinquant’anni, sicché in S.Stefano, insieme a criminali comuni, vennero tenuti uomini come Raffaele e Luigi Settembrini. Silvio Spaventa, i pochi superstiti della spedizione di Carlo Pisacane a Sapri, del regicida Gaetano Bresci, che qui morì, e, da ultimo, gli antifascisti: Sandro Pertini, Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro, e altri.

Nell’immediato dopoguerra, all’ edificio settecentesco furono aggiunte altre costruzioni, sia per ampliare la capacità della prigione, sia per creare nuovi servizi: nell’insieme, esse disegnavano una piccola comunità composta da Direzione, abitazione delle guardie, sala convegni, forno, lavanderia, bar, chiesetta, barberia, impianti sportivi e, infine, a qualche distanza, il cimitero.

Il tutto è raccordato da un anello stradale che percorre il perimetro del complesso e che si raccorda allo slargo di Piazza della redenzione che immette alla prigione e agli altri edifici.

 

Dopo la chiusura dell’ergastolo, avvenuta, come si diceva, nel 1965, tutto rimase abbandonato alle intemperie e all’indiscriminato “consumo” da parte di curiosi, visitatori, cacciatori invernali, sicché, in particolare, l’edificio settecentesco è stato quasi completamente spogliato degli elementi di decoro, in parte modificato e vandalizzato.

Nel 1986 l’Ente Provinciale per il Turismo di Latina, d’intesa con il Comune di Ventotene, dopo una serie di riunioni con altre amministrazioni pubbliche e con associazioni culturali, e dopo sopralluoghi, decise di stanziare una prima somma per interventi di estrema urgenza: si era, infatti, accertato che la ostruzione delle caditoie aveva determinato un accumulo di acqua sul lastrico solare che rischiava di crollare sotto il peso eccessivo, trascinando con sé tutti i solai sottostanti. Il Comune gestì il piccolo stanziamento, effettuando una serie di produttivi interventi che hanno consentito il salvataggio dell’immobile, il ripristino del sistema di sgrondo, la chiusura di piccole crepe e l’avvìo di una forma di vigilanza sull’ immobile.

Nel 1989 l’Ente Provinciale per il Turismo di Latina elaborò un progetto di fattibilità per il “recupero e valorizzazione della ex cittadella ergastolare di S. Stefano di Ventotene”, che presentò alla Regione Lazio per il finanziamento ai sensi della Legge 64/86. Il Comune di Ventotene fece proprio il progetto e lo approvò nel 1988 con delibera della Giunta comunale n. 154 del 2.09.1988, poi ratificata all’unanimità dal Consiglio comunale. L’Ente provinciale per il Turismo di Latina completò lo studio di fattibilità con una rilevazione architettonica complessiva dell’edificio penitenziario e tale rilevazione, senza diritto all’uso, fu messa nell’anno 2000 a disposizione della Soprintendenza ai Beni architettonici e ambientali del Lazio – Sezione di Latina, che, a quanto consta, ne fece copia.

La richiesta di finanziamento non ebbe seguito, ma il Comune di Ventotene e l’Ept non abbandonarono l’iniziativa. In particolare il Comune sollecitò ripetutamente il Ministero delle Finanze per ottenere l’affidamento dell’immobile, in modo da poter destinare fondi per la piccola manutenzione e assicurare la sorveglianza: sembrava che la cosa fosse ormai fatta, giacché, in occasione di una sua visita sull’Isola in occasione del Cinquantenario del Manifesto europeista di Ventotene, il Ministro dell’epoca, Rino Formica, assicurò il Sindaco che nel giro di qualche settimana l’affidamento sarebbe stato fatto. Il sopravvenire di modifiche alla compagine governativa bloccò ogni cosa.

Una delle porzioni della struttura (Foto Pgs vietata la riproduzione)

Una delle porzioni della struttura (Foto Pgs vietata la riproduzione)

L’immobile continuò, di conseguenza, a restare abbandonato a se stesso e gli agenti atmosferici e la vegetazione ripresero a svolgere la loro attività di distruzione, al punto che il 24 maggio 1999 il Consigliere provinciale Francesco Ferraiolo, rappresentante delle Isole Pontine in Consiglio provinciale, fece voti per accelerare iniziative volte a riprendere e sviluppare lo studio di fattibilità. Nel 1997 l’allora Presidente della Giunta regionale Lazio, Badaloni, convocò presso la Regione una riunione per riprendere l’iniziativa: in quella occasione l’Ept di Latina consegnò al Presidente Badaloni copia del progetto di fattibilità, illustrandone fini e possibili sviluppi, e ricordando che l’Ente aveva anche a disposizione i rilievi architettonici.

L’incontro ebbe un seguito nella convocazione di un convegno che ebbe luogo a Ventotene nell’estate di quell’anno. Poi ogni cosa si è nuovamente fermata.

Si ripropone, ora, il problema del recupero complessivo dell’immobile settecentesco e della cittadella ergastolare, che rappresentano beni di grande valore storico ed economico, soprattutto per un’ isola dalle limitate risorse come Ventotene, e per una destinazione a scopi compatibili. L’importanza storica, monumentale ed anche filosofica del complesso è ampiamente evidenziata nella “Relazione Culturale” allegata, tratta dagli studi del prof. Pier Luigi Cervellati sul Prg di Ventotene.

Vincolo monumentale

Tra gli interventi a suo tempo eseguiti dall’E.P.T. di Latina e dal Comune di Ventotene, venne sollecitato un sopralluogo della Soprintendenza ai beni artistici per una valutazione dell’assieme, e per fare apporre il vincolo di tutela monumentale all’edificio. Malgrado, difatti, l’obiettiva importanza dell’opera, l’immobile non risultava “notificato”. L’Ente Provinciale per il Turismo di Latina fornì la documentazione di base, il Comune i riferimenti planimetrici e catastali, sicché il 14 maggio 1987 il Ministro per i Beni Culturali e Ambientali firmò la dichiarazione di notevole interesse monumentale ai sensi della Legge 1 giugno 1939, n.1089 sull’intero complesso dell’exergastolo.

Le proposte di riutilizzo

Premesso che malgrado le limitazioni stabilite dal Comune anche per ragioni di pubblica incolumità, gli ambienti dell’exergastolo continuano ad essere frequentati da centinaia di visitatori (in estate) e da cacciatori non autorizzati in altre stagioni, si propone la necessità che, previo restauro dei principali immobili, si ottenga non solo la stabilizzazione dell’ex ergastolo settecentesco, ma anche un suo recupero funzionale e la ridestinazione del complesso, conformemente alle esigenze attuali e di avvenire che esso potrebbe soddisfare soprattutto in chiave europeistica, considerato che Ventotene + l”isola nella quale nacque tra il 1941 e il 1942 il famoso “Manifesto per una Europa l,ib era e nita” (offi, più semplicemente: Manifesto di Ven ottene) ad opera primariamente di Altiero Spinelli.

In estrema sintesi, gli obiettivi che ci si proponeva di ottenere con riferimento ai singoli immobili, erano i seguenti:

 

1. creazione di centri di osservazione e studio dell’avifauna migratoria (l’area ha, sotto questo punto di vista, grandissimo valore naturalistico, come testimoniano anche gli studi del Ministero dell’allora dell’Agricoltura e Foreste e del Ministero dell’Ambiente; a Ventotene esiste un punto di rilevazione)

2. creazione di laboratori di osservazione, ricerca scientifica e studio dell’ habitat marino, anche in relazione alla Riserva marina statale istituita ai sensi della Legge n.979/82

3. creazione di un centro di osservazione e studio della flora mediterranea.

Questi primi tre obiettivi avrebbero dovuto essere perseguiti ed attuati, dal punto di vista operativo e scientifico, con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente, delle Università e della Regione Lazio e con la collaborazione delle associazioni riconosciute;

4. creazione di un centro di documentazione e studio di storia dell’ergastolo dal punto di vista criminale e dal punto di vista politico, e ricostruzione di un settore dell’ergastolo (unità cellulare, arredi, sezioni speciali, isolamento, ecc.)

Questo obiettivo avrebbe dovuto implicare la collaborazione del Ministero di Grazia e Giustizia, di Istituti universitari, di associazioni e della Regione Lazio;

5. creazione del Centro studi, documentazione, formazione e seminari sulla nascita e lo sviluppo dell’idea di Europa unita, coerentemente con la nascita nell’isola di Ventotene del Manifesto per un’ Europa libera e unita redatto da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi (1941-42) e conformemente alle Leggi Regionali n. 21/82, n. 37/83, n. 17/85 e successive modificazioni ed integrazioni. La Regione Lazio sarebbe, naturalmente, stata la protagonista di questo progetto, unitamente al Govern o Italiano, all’Aiccre, all’Autorità Europea e all’Istituto Altiero Spinelli;

6. creazione di un circuito turistico per botteghe ed esercizi artigianali e commerciali, nonché per attività del turismo e del tempo libero, sfruttando sia gli edifici esterni esistenti, sia il percorso perimetrico. Questo settore avrfebbe dovuto essere integrato con un circuito di visite guidate del complesso, a prescindere dai singoli settori già previsti ed organizzati;

7. sistemazione di un’area per attività ricettive, mediante utilizzazione sia delle celle dell’ergastolo settecentesco (da riportare alla originaria consistenza, con eliminazione delle superfetazioni e delle divisioni successive), sia degli edifici di direzione.

Negli ambienti comuni e nelle esistenti, seppure abbandonate, istallazioni (es: campo sportivo) si prevedeva di creare le zone per le attività ricreative e di tempo libero.

Oltre a queste identificazioni di scopi e d1 destinazioni immobiliari, era prevista la realizzazione del Centro direzionale ed amministrativo, comprendente un ufficio accoglienza, informazioni e smistamento ed un’ area di sussidio e di servizio. Così organizzato, si pensava che il complesso della cittadella avrebbe assunto una struttura organica ed operativa tale da consentire un utilizzo prolungato nel tempo determinando benefici economici diretti e indotti:

 diretti: attraverso la creazione di posti di lavoro in particolare, per i giovani dell’isola

indotti: attraverso il ricarico della maggior domanda anche extrastagionale a beneficio degli operatori isolani.

Ovviamente era previsto anche un terzo beneficio, il recupero monumentale ed edilizio, ed un quarto, ossia la salvaguardia della specificità ambientale.

Accesso

All’isola di S, Stefano si accede attualmente attraverso l’approdoormeggio principale detto della Marinella, e attraverso altri approdi di fortuna ridossati rispetto ai venti principali. Allo stato si ritiene che con piccoli accorgimenti (ad es: la creazione di pontili galleggianti, salpabili in caso di cattivo tempo) possa essere migliorata la capacità di accesso, salvo a valutare con gli organismi interessati soluzioni integrative.

 

 

 

21 Dicembre, 2015 - Nessun Commento

I 25 anni del Polo Universitario
L’UNIVERSITA’ A LATINA
MERITO DEGLI ENTI LOCALI

Il senatore Mario Costa

Il senatore Mario Costa

Il Polo di Latina dell’ Università di Roma-Sapienza ha festeggiato in questi giorni i primi 25 anni di attività svolta nel Capoluogo pontino. Sono stati anni sofferti e insieme esaltanti, che hanno conosciuto una altalena di problemi. E giustamente il Polo pontino festeggia sé stesso e oggi può dire di avere raggiunto il suo obiettivo di consolidare la sua presenza in una area periferica rispetto a Roma, di aver rispettato la legge sul decentramento, e di avere accreditato l’ ottima qualità dei suoi corsi di studio che non a caso registrano un crescente numero di iscritti e cominciano a far sentire la propria presenza nella società in cui opera.

Se un neo va rilevato in queste celebrazioni è una mancanza che, se si spiega da un punto di vista di “appartenenza”, non si giustifica dal punto di vista della ricostruzione storica di questo Polo universitario. Intendiamo riferirci al fatto che il Polo Sapienza non è nato per partenogenesi, ma ha potuto innestarsi su una piattaforma che era stata da tempo predisposta dagli Enti Locali (Comune di Latina, Provincia, Camera di Commercio e qualche altro Comune in maniera più sporadica ed occasionale). Un merito che va riconosciuto agli Enti Locali nel momento in cui i loro sforzi intuitivi, propositivi e finanziari hanno avuto un efficace sbocco nel radicamento di una università di prestigio come è quella romana.università-rettorato

E poiché queste cose vanno ricordate per una giusta ricostruzione dei fatti, non è possibile che si faccia partire la nascita del Polo di Latina dalla storia del Centro per la raccolta dei Profughi dai Paesi dell Est Europa, il “Rossi Longhi”, essendo questo solo l importante ma occasionale strumento di una stabilizzazione che era già stata raggiunta per merito degli Enti Locali.

Per chi non lo ricorda, o ricorda male, vogliamo richiamare il fatto che la sede universitaria a Latina nacque da una iniziativa, appunto, di quegli Enti, che, su idea e sollecitazioni di un uomo politico che non viene ricordato mai abbastanza, vale a dire il senatore Mario Costa, venne attuata attraverso la costituzione di una Associazione per l’ Università Pontina. L’ Associazione creò una prima sede, avviò i primi corsi di studio affidandosi a convenzioni con La Sapienza, ebbe la soddisfazione di vedere anche i suoi primi laureati; ebbe una gestione “leggera”, ossia con poche persone, con poche spese generali (a parte l’ affitto della sede di viale Le Corbusier), con modesti compensi a chi vi operava, vincendo momenti di sconforto e creando una abitudine universitaria negli stessi studenti; vincendo con caparbietà le molte difficoltà che si presentarono. Quando l’ Associazione ritenne di avere acquistato sufficiente fiducia nelle cose, gli Enti la trasformarono in un ben più impegnativo Consorzio per l’ Università Pontina, giustamente affidato per continuità a gratitudine a chi aveva fatto crescere l’ Associazione, ossia al presidente Mario Costa. E fu lui, avendo alle spalle un finalmente solidale operare degli Enti, che avviò le prime trattative per trasformare i corsi straordinari in una sede decentrata della Sapienza, grazie anche al fatto che nel frattempo era intervenuta la legge sul decentramento dei maggiori atenei. La Sapienza trovò a Latina interlocutori edotti dei problemi, agguerriti per affrontarli, forti nel sostenerli e credibili per stringere un nuovo patto. E quando i molti incontri col Senato Accademico romano ebbero maturato consapevolezza e fiducia reciproca, il Consorzio cedette tutto l impianto che aveva costruito in mano al Rettore Magnifico romano, e deliberò il proprio scioglimento nel momento in cui La Sapienza diveniva la titolare unica del Polo universitario di Latina, che trovava sede nell’ ormai da tempo abbandonato Campo Profughi, dove oggi si trovano uffici e Facoltà.

Questa ricostruzione è stata storicamente frettolosa, e ha glissato alcuni passaggi non decisivi, ma se la stessa Città di Latina vuole partecipare ai festeggiamenti per i 25 anni, deve anche rivendicare il ruolo che giocò insieme a Provincia e Camera di Commercio. E ricordare anche oggi il nome di Mario Costa, che non a caso campeggia nella locale Biblioteca universitaria, intestata al suo nome.

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