10 Ottobre, 2016 - Nessun Commento

LATINA UNA CITTA’ DEMOLITA

cassonetto-spazzatura-in-strada-635x476LATINA – Latina, seconda città del Lazio dopo Roma, segue della Capitale le sorti di abbandono e desolazione. Conseguenza di anni di distrazioni amministrative. Gli amministratori, cioè, si sono distratti e invece di assicurare la manutenzione minima di una città ancora viva e vitale, malgrado tutto, hanno pensato ai fatti loro. Soprattutto ai fatti urbanistici, nei quali hanno fatto registrare inchieste penali, sequestri, denunce, e infine l’annullamento di tutti i Piani particolareggiati. Latina, come quasi tutte le città d’Italia, è sempre stata in mano ai costruttori,. che ne hanno determinati gli indirizzi. Ma quanto sta accadendo da qualche decennio a questa parte ha superato tutti i peggiori timori. E una classe benemerita di imprenditori è diventata, a causa di alcune “pecore nere” sinonimo di imbrogli, di violenze, di interessi privati prevalenti su quelli pubblici. Ovviamente a questo so può arrivare puntando sulla collaborazione di chi gestisce il potere, ossia i politici e, per effetto della bipolarità dei poteri nella pubblica amministrazione, anche di chi trasforma le idee e gli indirizzi in atti e provvedimenti amministrativi. Non è una storia recente, ma in questa associazione di interessati, ha finito per entrare indirettamente anche la classe dei professionisti che si occupano di progettare e di fornire idee progettuali sul migliore assetto della città. A memoria di cittadino non si ricorda una sola iniziativa assunta dagli Ordini professionali di fare una disamina di storia e cronaca della vicenda urbanistica cittadina. Tutti professionisti impeccabili quando usano fantasia figurativa, tutti assenti quando si deve esaminare l’oggettività della storia, e magari fare anche qualche critica e qualche mea culpa.

Al termine di questo percorso c’è una città che, trovandosi in pianura, avrebbe potuto essere costruita con soluzioni intelligenti e di buon gusto e che invece è una accozzaglia di palazzi, casette, villette, pezzi di terreno che sono deposito di immondizia fino a quando non interessano, e che improvvisamente diventano una fioritura di edifici. Non si dice, quindi, che i costruttori non debbano costruire, ma che debbono costruire bene e ubbidendo alle regole e applicandole. E gli amministratori hanno il dovere di far pagare gli oneri di urbanizzazione, di essere trasparenti nell’assegnare le cubature o l’edificabilità dei luoghi, e, dopo le costruzioni debbono garantire la manutenzione della città; strade, marciapiedi, scoline, servizi. Quello che a Latina sembra scomparso. I nuovi amministratori hanno ereditato un cumulo di macerie ed ora vengono chiamati a risponderne, per la severa ed ingiusta legge del fare di tutta un’erba un fascio, Ma i cittadini, specialmente quelli che non vivono nei quartieri “eleganti” e che sono appena periferici rispetto al nucleo urbano centrale, debbono accontentarsi di marciapiedi tirati su con l’asfalto, anziché con la pietra bianca; di cassonetti che non vengono ripuliti da almeno dieci anni e che emanano fetore; di strade costruite approssimativamente e che si sfacelano; di lampioni uno diverso dall’altro e che non danno illuminazione; di cani che, malgrado un’ordinanza sindacale, defecano sui marciapiedi sotto lo sguardo compiaciuto dei loro proprietari, che non si preoccupano di raccogliere le feci, così come il Comune non istalla i cassonetti porta-feci che ormai stanno in ogni parte d’Italia. E per le strade non vedrete quasi nessuno degli oltre cento Vigili Urbani che formano il corpo municipale, Tutti seduti dietro le scrivanie.cani

Signor Sindaco Damiano Coletta, lei ha avuto il coraggio o commesso l’imprudenza di aspirare a fare “riappropriare” la città dai suoi cittadini, e sta constatando quanto sia difficile ricostruire una città distrutta ed espropriata, specie con tutti gli ostacoli e i sabotaggio di cui la sua strada è cosparsa. Ma non demorda, vada avanti, con tutto il coraggio che Ella ha dimostrato di avere non continuando a vivere di rendita sociale nel suo posto di stimato primario di Ospedale, così come hanno fatto i Suoi collaboratori. Non demorda e non si deprima: non si fa tutto insieme. Cominciamo a restituire a tutti i cittadini dei marciapiedi praticabili e il gusto di vivere in una città che la retorica definisce ancora “nuova”, mentre è vecchissima, quasi in sfacelo.

 

 

 

 

3 Ottobre, 2016 - Nessun Commento

FELICE TONETTI UN PODESTA’
CHE FORMIA NON HA DIMENTICATO

 

foto-depocaFelice Tonetti, giornalista sportivo e podestà di Formia dal maggio 1927 all’aprile 1936, fu un personaggio positivo nella storia dell’età fascista, tanto che a lui – caso pressoché unico, è stata dedicata nel dopoguerra la strada che porta dalle prossimità del Ponte di Rialto a via Caposele. La sua è la storia, abbastanza curiosa, di un non-formiano che diventa formiano per amore  (oltre che per decisione di chi lo nominò podestà), che apparve in maniera piuttosto casuale sulla strada di Formia e che alla città si legò a lungo, e, per quanto si può dedurre dalla documentazione ed anche dalla memoria, anche positivamente. Eppure, forse a causa della guerra che distrusse la memoria dell’immediato e costrinse la gente a dedicarsi a problemi più cogenti di quelli legati alle ricostruzioni storiche, malgrado il suo novennio di gestione amministrativa della Città non sono molte le notizie che lo riguardano, inclusa la sua scomparsa dalla scena del mondo, dopo l’abbandono della politica. In effetti, anche nel tentativo che feci nel libro che coordinai alla fine degli anni Novanta del Novecento e che fu pubblicato nel 2001 con il titolo “Formia in età contemporanea. Dall’Unità d’Italia agli anni Cinquanta” ebbi a scrivere di non aver trovato su di lui grandi notizie. Anche per la ragione che Tonetti non tornò più a Formia e risiedette fino alla morte nella sua Roma. Un amico mi segnalò successivamente un articolo apparso sul quotidiano piemontese La Stampa di martedì 4 luglio 1939, nel quale si annunciava “La morte a Roma di Felice Tonetti giornalista e sportivo“.  Aveva avuto la sfortuna di essere investito da un’auto riportando gravi ferite che lo condussero alla morte. Ecco come La Stampa segnalò la sua figura.

 

“La sua scomparsa ha destato il più vivo compianto negli ambienti giornalistici e sportivi romani nei quali il Tonetti godeva larga stima e cordiale simpatia. Redattore per lunghi anni de Il Giornale d’Italia, fu tra le più caratteristiche figure di Roma. Vi fu un tempo che (sic) non c’erano personaggi illustri nelle lettere e nelle arti che egli non avesse avvicinato. Appassionato sportivo fu fondatore e primo presidente dell’Audace C.S.; per le speciali attitudini della sua fibra fortissima. fu portato all’atletica pesante e presto eccelse tra i migliori dilettanti sollevatori di pesi e nella lotta greco-romana. La superiorità della scuola e l’energia fenomenale, unite con una intelligenza cospicua, lo portarono a trionfare nella categoria dei pesi massimi in una qualificazione nazionale indetta per partecipare alle Olimpiadi di Atene nel 1906 e sarebbe rimasto vittorioso se non si fosse trovato di fronte ad un altro campione italiano, Elia Pampari, che lo batté divenendo poi un asso internazionale dello sport del tappeto. Felice Tonetti fu vice presidente del CONI nel biennio 21-22 e segretario generale dal 25 al 27. Il fascismo lo trovò fedele gregario  ed essendo egli uscito dal giornalismo militante, lo destinò podestà di Formia poi commissario al Comune di Castellammare di Stabia e quindi a dirigere la “primavera siciliana” . La scelta di Formia fu motivata anche dalla conoscenza che dell’ambiente aveva maturato Tonetti durante alcuni suoi viaggi in Città, che lo avevano portato a conoscere suoi esponenti e ad apprezzarne il cima e la qualità della vita dell’epoca.

3 Ottobre, 2016 - Nessun Commento

MICHELE FORTE E’ MORTO
LA POLITICA GLI DA’ RICONOSCIMENTO

michele_forte_21La morte di Michele Forte, per tre legislature sindaco di Formia, poi senatore, e presidente del Consiglio provinciale nelle ultime legislature e fino alla fine di quella che fu provincia di Latina, ha colto dolorosamente di sorpresa tutto il mondo politico pontino. Aveva 78 anni, ed io lo avevo visto per l’ultima volta solo pochi giorni prima della sua scomparsa. Ci trovavamo nel corridoio in penombra di un edificio di Formia ed io non avevo fatto caso a quel signore che avanzava verso di me. Lui mi ha teso la mano salutandomi e solo allora mi sono reso conto che era Michele Forte. Personalmente debbo dire che pur non pensandola politicamente come lui e neppure condividendone alcuni metodi di governo, né omettendo di dirlo facendo il giornalista, Michele Forte mi ha sempre trattato con grande signorilità. Non solo non ha mai avuto una parola sgarbata nei miei riguardi. ma neppure un cenno di protesta o un invito mellifluo ad un colloquio. Ha sempre rispettato la mia persona e la mia indipendenza di giudizio, anche quando, a causa della mia professione di direttore di un ente provinciale che molto aveva a che fare con la “sua” Provincia, mi trovavo in posizione di oggettiva e potenziale soggezione nei suoi riguardi. Questo credo che sia il miglior saluto, il migliore addio che posso dare a Michele Forte, dandogli atto di essere stato certamente “uomo di potere” (e come non esserlo con tutti gli incarichi che ha ricoperto?), ma di avere esercitato il potere secondo uno strano mixage tra l’autoritarismo e la comprensione, tra le imperiose esigenze della politica senza pietà o sempre tortuosa e il suo desiderio di chiamare le cose col loro vero nome. Anche quando, da Presidente del Consiglio provinciale, non esitava a ricorrere, in particolari e difficili circostanze, ad espressioni sincere, sonore e colorite che facevano sgranare gli occhi ai benpensanti e suscitavano un sorriso di compatimento in chi si sentiva a lui superiore (ma non lo era). Non gli sto giustificando qualche volgarità che gli è sfuggita di bocca in momenti roventi della discussione. Sto cercando di spiegare a me stesso la sua sincerità e la trasparenza del suo carattere. Era una cosa che gli veniva dall’aver ricoperto alle sue origini ruoli di non elevatissimo rango (è stato anche bidello di scuola) che gli avevano insegnato a rispettare prima che a criticare; ma era anche dimostrazione della pertinacia con la quale ha saputo salire la scala sociale tanto in alto e tra tanto rispetto da conquistare anche un seggio al Senato, senza mai esibire questa conquista. I politici – tutti i politici che lo conoscevano, anche i più fieri avversari – gli hanno tributato onori e riconoscimenti come uomo di forte tempra e caratterialità  politiche. Io gli riconosco una lucidità di Uomo che forse non ho sempre apprezzato da vivo, perché non mi piace la politica brutale, ma che oggi che il sipario è calato e le passioni cedono il passo alla obiettività, gli tributo con tutta sincerità. Arrivederci, Michele Forte.

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