6 Marzo, 2017 - Nessun Commento

I PRIMI 60 ANNI DEL RISTORANTE DI FRANCO CHINAPPI A FORMIA

Il ristorante Chinappi di Formia compie i suoi primi 60 anni e festeggia nel modo in cui sa fare, con la sua cucina fatta di prodotti locali, valorizzati dalla sapienza culinaria e dall’amore per un mestiere che è anche arte.

Nel quadro di un’ iniziativa volta alla diffusione della conoscenza dei prodotti tipici di maggiore qualità del territorio sud pontino, la giornalista esperta nel settore, Tiziana Briguglio, ha accompagnato una selezione di giornalisti e di esperti in una ricognizione a Gaeta e a Formia che si è conclusa proprio con il gioioso ricordo dell’inizio di attività di una delle maggiori aziende della ristorazione, segnalata nelle migliori guide nazionali, quella che va sotto l’ormai celebrato nome di Chinappi di Formia. Il titolare, Franco Chinappi ha festeggiato i primi 60 anni del suo ristorante, che costituisce un esempio di evoluzione positiva di una iniziativa  avviata sul territorio, quella di una pizzeria divenuta presto un tempio del buon gusto strettamente fedele alle proprie tradizioni culinarie fondate soprattutto sulle  buone pratiche di cottura del pesce, senza dimenticare un omaggio alla pizza croccante che resta sempre un segno distintivo inconfondibile.

Franco Chinappi è un personaggio straordinario, “prodotto” da una antica panetteria avviata dal padre e che ha sentito il bisogno di differenziarsi pur restando sempre nel mondo della preparazione di cibi. La sua pizzeria è presto divenuta ristorante e il ristorante è diventato un marchio di fabbrica. E ora il marchio di fabbrica ha prodotto per gemmazione un proprio pianeta, affidato alla inventiva di Stefano Chinappi, figlio di Franco, ottimo conoscitore di vini, che ha fatto la scommessa di aprire a Roma un ristorante che porta lo stesso nome di quello di Formia. E ha vinto la scommessa.

La cerimonia di ieri, domenica 5 marzo 2017, è stata solennizzata dalla presenza del sindaco di Formia Sandro Bartolomeo, che ha donato a Franco Chinappi e alla sua Signora Anna, anima della cucina, due targhe: una dell’Amministrazione e una sua personale, a ricordo di questi primi 60 anni.

9 Febbraio, 2017 - 1 Commento

LA GIORNATA DELLA MEMORIA

Il monumento nel Campo di Birkenau

Il monumento nel Campo di Birkenau

Il 27 gennaio scorso si è celebrata presso la scuola Alessandro Volta di Latina una giornata di ricordo delle stragi naziste, quella Giornata della Memoria che sa ritrovare, come questa volta, una capacità espressiva che è il frutto dell’interesse degli insegnanti e della capacità degli alunni di immedesimarsi. Confesso – non temo sorrisetti – che mi sono commosso e che ho sentito il bisogno di mandare un messaggio ai nostri Fratelli Maggiori israeliti attraverso una amica che conosco da tanti anni e della quale sono orgoglioso di essere amico. Si chiama Claudia Terracina, romana, con un nome che più ebreo (pontino) non si può, la cui Famiglia ha pagato il suo prezioso contributo alla Shoah, valorosa giornalista, piena di interessi, di intraprendenza, di voglia di vivere.

La consideriamo in casa una di noi e lei ci ricambia questo sentimento con altrettanto affetto. Questo vuole dire che la Giornata della Memoria mi ha coinvolto, anche se è una questione che può interessare me e la mia Famiglia e può non interessare, e forse annoiare, gli altri. Ma è difficile parlare di memoria, se non si ha la nozione dei fatti, Ed è una nozione che si acquista solo attraverso l’esperienza. Di esperienze ve ne sono almeno tre da percorrere: la visita ad uno dei luoghi di sterminio – Auschwitz è diventato il simbolo, ma non è il solo; la lettura attenta delle migliaia di testimonianze che sono state lasciate (da Annah Arendt allo sconosciuto Rinaldo Rinaldi, mio amico di Cisterna, che ormai ci ha lasciati, e che ha taciuto la sua esperienza di internato e di sopravvissuto in diversi campi nazisti: ha taciuto anche lui per 50 anni, poi ha trovato due bravissimi suoi amici, insegnanti, che ne hanno raccolto i ricordi, trasformandoli in uno splendido libro); e, infine, provando ad ascoltare qualche testimonianza, meglio diretta ma anche indiretta.

Io ho avuto la possibilità di percorrere tutti e tre questi passaggi: ho visitato Dachau, non distante da Monaco di Baviera, in una splendida e gelida giornata di sole, col vento che frustava i nostri corpi riscaldati dai soprabiti e dalle molte calorie di cui avevamo beneficiato in albergo. Quel giorno soffrii il freddo nell’ora che impiegammo per una rapida visita ed ebbi una percezione di ciò che dovettero soffrire gli internati, gli hopeless, i senza speranza che, vestiti di un leggero pigiama da recluso e privi di qualsiasi alimentazione lavoravano nel freddo inverno tedesco e dormivano nelle squallide baracche di legno, Ho letto decine, forse qualche centinaio di libri, che mi apparvero all’inizio come un racconto di Lovecraft, e che mi divennero familiarmente angoscianti. Ma non ci si può permettere il lusso dell’angoscia di fronte a quei patimenti. Infine ho avuto modo di ascoltare la vita vissuta in diretta dai lager attraverso alcuni amici e conoscenti che fecero l’esperienza di Mauthausen e di altri campi e che rientrarono a piedi da quei luoghi, miracolati, anche se ridotti a carte veline; e ho sentito i familiari di Claudia Terracina che ancora vivono il terrore e il dolore di quel 16 ottobre 1943, il giorno della grande retata di ebrei romani.

Ho avuto anche modo di ascoltare dal giovane Mario Costa di Formia, poi senatore della Repubblica e sottosegretario ai problemi del lavoro, l’ “inventore” della Università di Latina, i racconti di quel “campo climatico” (così lo chiamavano gli stessi protagonisti) che fu aperto a Formia, sulla costa di Giànola, per agevolare l’Exodus verso Israele di coloro che si erano salvati; ed ho ricevuto testimonianze scritte da chi, lavorando nei cantieri Orlando Castellano di Gaeta, ormai chiusi, cooperò da dipendente alla rimessa in mare di pescherecci e imbarcazioni da diporto che trasportarono ebrei smunti e consunti sulle coste della Palestina.

Sono cose note? Certo che lo sono, ma non a tutti. Anzi, poiché gli anni sono passati e le manifestazioni a volte sopiscono il senso della tragedia, riducendolo ad opaco rituale, quelle cose non vanno dimenticate e chi è abbastanza giovane da non averle viste che sui libri, farebbe bene a leggerne altri, quanti più ne può. E a permettersi una visita a Birkenau, a Dachau (due paesi pontini si sono gemellati: Fondi con Dachau e Cori con Auschwitz). Non per soffrire, ma per capire.

25 Gennaio, 2017 - Nessun Commento

LA SCOMPARSA A FORMIA
UN ACCANITO LOTTATORE POLITICO

comune-di-formia1-2E’ scomparso a Formia dopo una vita impegnata e lunga uno dei personaggi della politica “classica” della città del Golfo, Gaetano Forte, detto familiarmente Gaetanino. Questo non vuole essere un “coccodrillo” ritagliato su una sua biografia, ma soltanto un ricordo di una persona con la quale mi sono trovato a misurarmi, anche polemicamente, mai aspramente, quando lui era uno dei maggiori portavoce del Partito Comunista di Formia, che servì per moltissimi anni dai banchi del Consiglio comunale e poi provinciale, e il sottoscritto un giovane cronista de Il Messaggero provinciale; lui accanito polemista sul giornale murale del suo partito, che si chiamava, non a caso, La Battaglia; io, che credevo, come tutti i giovani, di possedere la mia verità che non sempre andava d’accordo con la sua. Di quel periodo resta difficile dimenticare, malgrado siano passati tanti anni, altri due nomi: quelli di Ubaldo Petrone, l’intellettuale che sapeva scendere in strada e la cui feroce razionalità non esitava a passare anche sul cadavere di un mondo che cresceva in economia, in popolazione, in benessere, ma stravolgeva la città degli aranci profumati e della zagara che era Formia tra gli anni Cinquanta e primi anni Sessanta del Novecento. L’altro nome era quello di Luigi Ciccolella, anche lui ormai scomparso, uomo meno passionale ma non meno duro ed efficace di Gaetanino Forte. Come mi è sempre accaduto, polemizzare con “avversari” non mi ha mai portato a disprezzarli, né a dimenticarli, e quando fu il tempo di scrivere due libri dedicati alla storia “illustrata” della Formia più recente, mi parve logico chiedere a Gaetanino Forte di aiutarmi a rileggere sulle carte ormai ingiallite che egli possedeva in gran copia, una parte di quella storia politica nata dallo sfacelo del fascismo. E Forte fu tanto signore e generoso da riempirmi di una quantità disordinata ma utile dei documenti che ancora possedeva e che mi dettero lo spunto per far riemergere ricordi di ogni genere delle battaglie politiche e delle cronache che, con l’avvocato Antonio Lutrario, consegnavo al mio giornale. Ho appreso della sua scomparsa solo leggendo gli annunci funebri sui muri di Formia in occasione di uno  dei non infrequenti ritorni nel Golfo, e mi è dispiaciuto di non avergli potuto rendere omaggio alle sue esequie. Che la terra ti sia lieve Gaetano Forte.

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