26 Agosto, 2017 - Nessun Commento

SICCITA’, GROSSI PROBLEMI, ARGOMENTI CONNESSI E DERIVATI

IMG-20170825-WA0007Ecco la vera novità del giorno: stiamo scoprendo la siccità. Poi ogni tanto riscopriamo l’erosione. Ma nessuno scopre che queste sono scoperte già fatte, e che sono considerate solo come una moda, un trend di cui preoccuparsi solo quando diventano emergenza grave. E tutto il precedente (studi, cause evidenziate, iniziative già prese) viene considerato inesistente perché lo ha fatto un’ amministrazione comunale, provinciale, regionale diversa da quella oggi in carica. E per la “dis-regola” dello spoil system, tutto quello fatto in precedenza è come se non fosse stato fatto. Altrimenti come si sprecherebbero i soldi dei contribuenti ?

Parliamo schematicamente della siccità, che ha delle connessioni e delle derivazioni. Non piove dalla primavera scorsa; da mesi non piove e l’ acqua manca, Le sorgive si sono esaurite o sono prossime ad esserlo. I bacini di ricarico sono vuoti o in via di esaurimento. Le speranze di pioggia sono di là da venire e, comunque, per fare effetto occorreranno alcuni mesi dopo che saranno arrivate. Abbiamo sentito qualche polemica sulla siccità a Ninfa, sentiamo la putredine solforosa dei laghi costieri, l’agro pontino si abbassa di qualche centimetro ogni anno per gli emungimenti dell’acqua di falda, le città sono razionate come in tempo di guerra. L’unica cosa che non diminuisce sono gli “attori” che operano sul territorio. Quelli sono sempre abbondanti. E a volte non ci spiegano come e in cosa operano per tamponare una situazione che è grave già da maggio 2017.

Tutti se la prendono con Acqualatina, che però non si difende dicendo che cosa sta facendo; che, anzi, fa andare a fuoco o dearsenizzatore montato appena da un anno, costato alcuni milioni, e andato a fuoco, pare, perché nessuno ha sfalciato l’erba secca che lo circondava. Abbiamo saputo che ha realizzato elevati utili di esercizio, ma non era questo che si chiedeva ad un organismo che deve investire in nuove tecnologie, nuove progettualità e soprattutto per economizzare gli spaventosi e scandalosi sprechi di acqua che si perde dai buchi della rete delle condotte. Si parla di una media superiore al 50% dell’acqua captata e messa in distribuzione, con punte superiori al 60%. Di questo autentico scandalo. chi scrive qui ne scrisse su Il Messaggero già trent’anni fa. Inutilmente. E ce ne sarebbe stato di tempo per fare piani poliennali. Acqualatina è un bersaglio facile (anche perché non dobbiamo dimenticare che un referendum costituzionale ha deciso che l’acqua deve essere pubblica e non affidata a gestioni private, ma nessun Governo se ne è occupato). Né ci ha mai detto se ha un piano di lungo termine per il recupero delle perdite di rete, e che costi abbia; se ha predisposto piani e programmi per introdurre nuove strutture tecniche (desalinizzatori? invasi? politica di difesa dall’inquinamento dei fiumi e dei laghi?). Sappiamo però con certezza che le bollette a carico degli utenti aumentano spaventosamente ogni anno che passa. Senza una spiegazione. Ma esiste un’autorità di controllo?

Ma ci sono anche altre responsabilità. Ad esempio: si ha un’idea di quanti pozzi sono stati realizzati in agro pontino e altrove; e quanti di essi sono illegali; e quanta acqua pompano dal sottosuolo impoverendo la residua falda? A suo tempo un diligente funzionario della Regione/Genio Civile se ne occupò appassionatamente. Fu destinato ad altro incarico. Troppo rompiscatole.

E poi: sappiamo che la riserva idrica serve tutte le attività principali di un territorio. Ne scegliamo solo due:

– quella agricola: non risulta che la Regione abbia esaminato il problema delle specie da mettere a coltura, indirizzando e pilotando le colture con incentivi e disincentivi, come bene o male fa la politica agricola europea. In terra Pontina, ad esempio, prosegue la tendenza a piantare ettari di kiwi, che è un divoratore di acqua. Se la Regione (o l’UE) non indirizzano/controllano i proprietari, anche quelli medi e piccoli, perché non segue almeno una politica di contenimento e di risparmio idrico, incentivando la coltura idroponica e la irrigazione a goccia?

– quella edilizia: i Comuni hanno un Piano regolatore commisurato anche alle nuove prospettive climatiche e, quindi, alle congiunture idriche? E sono in grado di garantire il rifornimento idrico ordinario anche alle nuove costruzioni che si insediano su tutti i territori senza alcun contingentamento?

Mi chiedo se questi interrogativi abbiano il diritto di essere posti.

 

26 Agosto, 2017 - Nessun Commento

LA CRISI IDRICA A NINFA: PERSI 4/5 DI PORTATA
NECESSARIA UNA STRATEGIA INTEGRATA

IMG-20170825-WA0008 Sul caso segnalato  da più parti della siccità che sta colpendo il giardino di Ninfa, la Fondazione Caetani ha emesso oggi una nota che qui si riporta integralmente.

“La Fondazione Roffredo Caetani condivide le preoccupazioni di quanti hanno rilevato lo stato di impoverimento delle sorgenti di Ninfa che, alimentando il lago, sono all’origine dei sistemi ambientali del Giardino, di Pantanello ma anche di quelli derivati, come alcuni fiumi alimentati dal Ninfa.

Nella materiale impossibilità di agire sul regime di portata delle sorgenti che rendono vivo il sistema locale (le piogge si attendono, non si provocano), la Fondazione non può neppure gestire i prelievi di acqua né monitorarli, fermo il principio che le esigenze di idropotabilità hanno la prevalenza su ogni altro fabbisogno di acqua.

Dopo decenni di indagini eseguite a cura della Fondazione e condotte dal professore Paolo Bono, la Fondazione ha da tempo evidenziato la delicatezza dei sistemi e degli equilibri idrici richiamando ripetutamente l’attenzione delle Autorità di controllo e di gestione, su un evidente deterioramento delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa.

Per tale motivo, dopo la scomparsa del professor Bono, ci si è attivati anche all’esterno, in quanto primari “portatori di interessi”, per promuovere uno studio da condurre da parte di Istituti di ricerca ed Università. Naturalmente questi studi sono lunghi e costosi, e non certo in grado di affrontare situazioni emergenziali, la Fondazione si sta proponendo come stimolatrice di un tavolo tecnico in cui discutere un modo integrato di gestione della risorsa idrica, che contempli – oltre agli inderogabili usi idropotabili ed irrigui – anche un uso “ambientale” della risorsa stessa.

Naturalmente, tutto ciò è di difficile attuazione, mentre è già in atto una crisi della risorsa idrica che ha probabilmente raggiunto minimi secolari. Ma neppure può ignorarsi che probabilmente questa crisi è destinata a ripetersi anche nei prossimi anni, per cui diventerà fin da ora primaria una visione strategica delle iniziative da adottare.

Scendendo alla situazione attuale, dati scientifici affidabili eseguiti con la collaborazione della Fondazione, ad esempio, hanno rivelato che le portate complessive delle emergenze sorgentizie posizionate al piede dei Lepini di Ninfa, quest’anno sono scese di almeno il 20% (e i valori minimi saranno raggiunti nei prossimi 40 – 60 giorni); tra queste la sorgente che alimenta il Lago di Ninfa (e quindi il Fiume e, a cascata, il Giardino e Pantanello) è la più alta in quota, e quindi è la prima ad aver subito gli effetti dell’abbassamento del grande serbatoio idrogeologico contenuto nei calcari che costituiscono i Monti Lepini.

Ad oggi possiamo affermare che il Fiume Ninfa (del quale si è fatta rilevare la portata idrica residua non più tardi di 15 giorni fa per avere almeno un dato su cui incardinare le nostre preoccupazioni) è molto più in secca di tutti gli altri corsi d’acqua che raccolgono il poco che è rimasto in dotazione alle sorgenti: all’uscita del nostro Giardino, poco fuori le mura, esso ha, difatti, una portata liquida di soli 228 litri al secondo, ossia quattro/quinti in meno di quanto ha fatto registrare, come portate medie, negli ultimi 30 – 40 anni !

E’ evidente che tale dato è allarmante e preoccupa se si pensa che il peggio, probabilmente, deve ancora arrivare, e che la situazione estremamente critica di quest’anno potrebbe non essere isolata, se il fenomeno cui stiamo assistendo si inquadrasse nel più ampio contesto delle mutazioni climatiche.

Sappiamo anche che non è facendo leva sull’emotività che tali problemi possono essere affrontati, ma solo sulla capacità di gestione di una risorsa che va affrontata in modo integrato, ossia da un punto di vista complessivo dal punto di vista dei problemi dio cui tener conto e degli attori che operano sulla scena.

E’ in questa direzione che la Fondazione, silenziosamente ma attivamente, si sta muovendo dalla scorsa primavera, quando si sono evidenziate le prime avvisaglie di quanto purtroppo oggi osserviamo”.

5 Agosto, 2017 - 1 Commento

COSMO DI MILLE: DOPO 70 ANNI
I RICORDI DI GUERRA DIVENTANO LIBRO

Castello-di-GaetaSono numerosi gli Autori che decidono, con molti anni di ritardo, di liberare il proprio ricordo dal prezioso ma egoistico recinto della memoria individuale, per offrirlo alla considerazione ed anche al giudizio degli altri. E, prima ancora, per offrire agli altri l’esperienza che essi stessi hanno elaborato e confrontarla con quella altrui. Tra questi autori del ricordo lontano ma vivace c’è Cosmo Di Mille, ufficiale di macchina diplomato presso il glorioso Istituto tecnico Nautico di Gaeta, oggi albergatore a Sperlonga, che ha atteso ben 75 anni prima di scrivere un libro al quale consegnare i ricordi di quando, diciassettenne, si trovò a misurarsi con la guerra, facendosi carico anche della sopravvivenza di una nonna, della madre e di due sorelle. Il libro che ne è nato, e che ha goduto della collaborazione letteraria di Nicola Reale, è stato tenuto a battesimo nel giugno di quest’anno sotto il titolo “Come fuscelli nel vento. Un ragazzo di Gaeta nell’autunno nero del ’43”.

L’ho letto tutto d’un fiato e l’ho trovato molto gradevole come libro, malgrado la tristezza e l’angoscia degli episodi che vi sono narrati: lo sgomento della guerra vissuta in prima persona, il terrore delle bombe, dei rastrellamenti, delle fughe per impervi sentieri dei monti Aurunci ed Ausoni; le sofferenze per una fame che non era solo sua ma soprattutto dei familiari che doveva in qualche modo proteggere a soli 17 anni; e di una vita vissuta senza alcun riparo; la paura di quando un fascista della peggiore specie, tale Rocco Palmieri, riemerso dall’anonimato degli omicidi di guerra, che, prima di essere fucilato a liberazione avvenuta, si costruì una fama di delatore, di boia dei propri concittadini, di spietato sterminatore di presunte spie di Formia, Gaeta, Fondi; e che ebbe il coraggio di sparare un colpo di pistola nel petto della madre di Cosmo Di Mille senza alcuna plausibile ragione. Che poi la donna scampasse all’atto omicida, perché tale era, grazie ad un miracolo che si aggiunse alla mancanza di soccorsi, di medicine, di generi alimentari la dice lunga su cosa possa essere. nel male e nella fortuna, una guerra.

Ma le avventure di guerra di quel giovanissimo non esauriscono il contenuto del libro, che, al contrario, si arricchisce di continui riferimenti alla vita vissuta in una Gaeta pre bellica, quando non esisteva il Viale Caboto ed esisteva invece la strettoia marina modesta ma dignitosissima di corso Attico e della complanare interna via Indipendenza; quando Serapo era la residenza dei gerarchi – la “città giardino” – e Monte Secco era una spianata che divideva il Borgo dalla città medievale. I ritmi di vita, di quella vita, sono raccontati con una felice ed esauriente sintesi risvegliando ricordi pieni di affettuosa dimestichezza, compagni di scuola perduti o ritrovati, una vita familiare in cui il modesto ma sereno mondo della Piaja, della ex città di Elena, di Calegna si susseguiva apparentemente senza sbalzi, ma con un calore e un candore destinati ad essere annientati dalla guerra. Dalla quale Cosmo Di Mille riemerse con la sua famiglia, che perse solo la vecchia e indifesa nonna, ma che ebbe la fortuna di ricomporsi col rientro a Gaeta del papà che era stato costretto a restare in quegli Stati Uniti in cui aveva cercato come aiutare i lontani parenti, e che poté riabbracciare come tutti i lieto fine esigono. E qualche volta accadono davvero.

 

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