18 Ottobre, 2013 - Nessun Commento

BRIGANTI A CISTERNA

Cisterna Anni Trenta

E’ noto che molte zone dell’area a sud di Roma hanno goduto per lungo tempo della non invidiabile fama di “paese dei briganti”, fin dall’epoca di papa Papa Sisto V, al quale solevano portare ceste piene di teste appartenute a banditi dai cui tronchi erano state spiccate a dimostrazione dell’efficienza del servizio di repressione. Con l’Unità d’Italia il fenomeno del brigantaggio si vestì anche di panni del lealismo politico, perché molti briganti giustificarono le loro aggressioni come reazione alla caduta dei Borboni e dello Stato pontificio, e la storia finì spesso in un bell’imbroglio, per cui i banditi a volte diventavano eroi. E andò avanti per parecchio, se Edmondo De Amicis, l’autore del libro “Cuore”, che fece piangere di commozione intere generazioni, ancora nel 1881 forniva questa colorita descrizione della presenza di briganti che si muovevano senza alcun timore tra la gente in occasioni solenni e rituali come erano, un tempo, le feste religiose o le fiere di paese. Ne “I miei ricordi” cita, ad esempio, che per la ricorrenza della festività della Madonna d’agosto, si recò a Cisterna insieme ad amici per osservare da vicino gli usi locali seguiti per quella ricorrenza. Sentiamo cosa gli capitò, nelle parole che lui stesso ebbe a scrivere a ricordo della sua esperienza. “”Sento tra gente e gente correre un bisbiglio, un sussurro che si comunicava da vicino a vicino: ed intorno a me si comincia a dire assai chiaramente: – I briganti! Ecco i briganti! -. Mi volto, m’alzo in punta di piedi […], cerco con lo sguardo sulle teste, e vedo di fatti non lontano tra gente e gente i cappelli a pizzo inghirlandati di nastri a svolazzo, distintivo della rispettabile corporazione [dei briganti]. Erano proprio loro. Per quanto avvezzo agli usi del paese, non mi sarei mai figurato che il facile vivere italiano giungesse a tanto. Fatto sta che i signori Assassini giravano per la fiera, alcuni sotto braccio a’ borghesi, e portavano il loro uniforme carico di galloni, di medaglie o meglio monete, di catene d’oro d’ogni razza., Non vedevo né cherubine, né tromboni, né altre armi apparenti: erano puliti, con la tela di bucato delle cioce, ed una faccia serena e clemente come a dire: – Divertitevi, buona gente, noi non siamo né lupi né orsi, ci vogliamo divertire anche noi -. E i carabinieri pel buon ordine […] si trovavano sempre all’angolo della piazza diagonalmente opposto a quello occupato dalla banda. Di fatti l’ordine regnava a Cisterna più che in molti luoghi che so io.” Sembra di leggere in filigrana certe situazioni che non sono invecchiate.

15 Ottobre, 2013 - Nessun Commento

3. LA SCUOLA DI CASAL DELLE PALME DA ELEMENTARE AD ASILO D’INFANZIA

Foto dal sito Flickr di Xavier de Jauréguiberry (scattata 28 maggio 2009)

Gelasio Caetani acconsentì alla richiesta di Alessandro Marcucci e mise a disposizione la terra necessaria, ma Marcucci, incoraggiato da questo primo passo, ne compì un secondo, quando chiese a Gelasio di potersi approvvigionare presso una sua cava delle pietre necessarie per gettare le fondamenta ed erigere i muri. Gelasio si mise a disposizione anche stavolta: le carte documentano l’atto concessorio, così come consentono di ricordare che il terreno necessario a edificare la scuola venne da Gelasio donato, pur essendogli stata prospettata da Marcucci la possibilità di pagare un corrispettivo. Gelasio considerava come la sua preferita questa scuola, perché si trovava fra le sue unità coloniche organizzate o in corso di bonifica e colonizzazione, E continuò a seguirla anche quando, in seguito all’apertura della scuola elementare della Botte, l’edificio di Casal delle Palme venne destinato, alla fine del 1933, dall’Ente scuole per i Contadini ad asilo d’infanzia, previo adattamento e nuovo arredo.

La scuoletta dedicata a Cena divenne, perciò, in breve tempo il primo asilo infantile in assoluto in terra di bonifica, ed ospitava circa cento bambini dai 3 ai 6 anni, figli dei coloni e degli operai della zona. A Casal del Palme Gelasio contribuì anche sostenendo parte delle spese della refezione, che veniva erogata gratuitamente dall’Ente Scuole, e fornendo anche la legna necessaria per “gli usi cotidiani della cucina e dell’asilo”. E contribuì anche alle spese di arredamento.

La scuola, arredata da un trittico di Duilio Cambellotti, perdette progressivamente d’importanza via via che la bonifica avanmzava e che si creava la città di Littoria e i Borghi che la circondano. Riemersa dalle nebbie dell’abbandono, i fratelli Cambellotti s’incaricarono di restituirla alla sua originaria dighnità, procedendo ad un restauro su finanziamento del Comune di Latina. Ma la scuola non è mai decollata: non come scuola, e questo si sapevga; ma neppjure come simbolo di un’età ormai storica. E, comunque in omaggio al denaro che privati e Comune hanno speso per costruirla prima e riattarla poi. (Fine)

 

 

 

 

15 Ottobre, 2013 - Nessun Commento

2. QUANDO GELASIO DONO’ UN ETTARO E LA SCUOLA DIVENNE ASILO D’INFANZIA

Foto dal sito Flickr di Xavier de Jauréguiberry (scattata 28 maggio 2009)

Le prime scuole nella palude pontina furono insediate in territorio di Cisterna, allora di Roma, a Doganella di Ninfa. Il ciclo scolastico elementare comprendeva soltanto le prime tre classi, ma nel 1922 l’inizio dell’anno scolastico era stato ritardato per tutte e tre le classi perché mancava un numero sufficiente di alunni. I bambini che si immettevano nella scuola avevano a propria disposizione solo quelle prime tre classi: finita la terza non potevano andare avanti, perché il ciclo della 4^ e 5^ non era neppure stato avviato. La ragione era sempre la stessa: nella campgna c’erano solo 60 bambini e quel numero era giudicato insufficiente a giustificare le spese organizzative. Ma non si teneva conto della diffidenza di alcune famiglie che consideravano un lusso mandare a scuola i figli; del fatto che i bambini non avevano mezzi di trasporto per recarsi a scuola, e dovevano raggiungerla a piedi, con qualsiasi tempo; e del fatto che spesso le informazioni non li raggiungevano. Tuttavia, fu aperta un’altra scuola a La Botte (l’odierno Borgo Carso).

Alessandro Marcucci, scrisse, dunque, una seconda lettera a Gelasio, dicendosi disposto ad attivarsi per aprire una scuola anche a Casal delle Palme, lungo la via Appia, per agevolare la frequentazione dei bambini. Chi oggi considera la ubicazione delle due scuole (Doganella e Casal delle Palme) potrebbe anche essere autorizzato a pensare che esse erano un lusso per un territorio così breve. Il problema è che quel territorio era fradicio d’acqua per parecchi mesi l’anno, infestato di anòfele e, quindi, malarigeno; e, infine, che per recarsi a scuola si doveva marciare a piedi, sotto pioggia e vento, spesso senza scarpe, attraverso chilometri di campi inzuppati, non essendovi alcun trasporto pubblico. Insomma, imparare a sillabare e a far di conto esigeva una vocazione straordinaria. Marcucci, dunque, scrive a Gelasio per Casal delle Palme. In realtà, questa scuola già esisteva, ed era allocata in una “umile e insufficiente stanza”. Allo scopo di onorare la memoria di Giovanni Cena, “l’apostolo della redenzione dei contadini del Lazio “, Marcucci il 20 febbraio 1929 propone di “costruire una scuola con asilo a Lui dedicati, con annesso campo sperimentale agricolo”. La scuola avrebbe dovuto sorgere “a margine della via Appia, in territorio di Cisterna, di fronte ai fabbricati di Casal delle Palme “e in zona idonea anche perché immune da allagamenti,. specialmente se scelta nella misura di circa un ettaro in prossimità di una cascina”, di proprietà di Gelasio Caetani.”. La scelta sul lato nord dell’Appia era preferita a quella sul lato del Casale delle Palme perché meglio difesa dalle acque. . (2- continua)