17 Febbraio, 2014 - Nessun Commento

BENTORNATI GIORNALI!

Oggi sono felice. Ho riacquistato la speranza che l’Italia potrà davvero tentare di vendere un pezzo di “Poste Italiane”. Questa operazione ha tutta l’aria di essere un “pacco” per chi comprerà, ma non è questo che mi tiene in ansia. Le mie preoccupazioni per un cattivo andamento di questa operazione erano nate dal fatto che per oltre una settimana il postino che serve la mia zona a Latina non si è fatto vedere. Pensavo, quindi, che lo Stato avesse ripensato l’opzione vendita (o operazione “pacco”, in gergo napoletano), preferendo quella di sopprimere un servizio che, di fatto, è già pressoché soppresso. Invece, no! Ieri mattina nella mia cassetta sono postale stati pazientemente infilati ben 9 (nove) numeri del quotidiano al quale sono abbonato, e che non avevo ricevuto nel giorno in cui un quotidiano dovrebbe riceversi, ossia il giorno in cui esce. Ma non fa nulla: i giornali che non ho ricevuto in tempo serviranno poco ad informarmi di cose ormai invecchiate. Ma sapere che “Poste Italiane” è viva e lotta contro di noi è sempre stimolante. Ad majora!

14 Febbraio, 2014 - Nessun Commento

“CITTÀ NUOVE” DISASTRATE:
AD APRILIA SI CELEBRA IL MEA CULPA ?

L’Associazione Ingegneri e Architetti di Aprilia ha organizzato un convegno (21 febbraio) dedicato alle trasformazioni delle “città di fondazione”, ossia a quei nuclei abitati creati durante la bonifica fascista in Agro pontino ed in alte aree italiane. Le quattro “città” pontine (Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia), più Pomezia facevano parte di un unico “disegno”, anche se esse nacquero al di fuori di qualsiasi progetto, anno per anno, secondo come si muovevano le cose (politiche e belliche). E’ importante questa riflessione di Aprilia: non vorrei sbagliare, ma mi pare che sia la prima che viene organizzata e proprio da parte di quei professionisti che, per il lavoro che svolgono (urbanistico, edilizio, progettuale in genere) dovrebbero essere i primi a sentire il bisogno di queste riflessioni, specialmente ora che siamo agli 80 anni e passa da quei tempi. Bravi professionisti di Aprilia, perché non c’è dubbio che riflessioni di questo genere impongono una buona dose di coraggio autocritico, solo a guardare quello che è successo a Latina e nella stessa Aprilia, nate per pochi abitanti ed ora esplose l’una a circa 120 mila, l’altra prossima agli 80 mila, E’ chiaro che rispetto alle risicate cinte perimetrali dei Piani regolatori originari, le attuali espansioni non sono confrontabili. Ma non lo sono neppure dal punto di vista del buon gusto, della razionale occupazione del territorio. Né dal punto di vista di una storia della nuova urbanizzazione, che non è stata mai storia pubblica (tranne, forse, per i cosiddetti “quartieri di espansione di Latina”, quelli che si chiamavano, e si chiamano, Q4 e Q5, ossia “Nuova Latina” e “Nascosa”). Queste storie di “città nuove” non recano alcuna firma di indirizzo pubblico e “pubblicistico”, Esse sono per l’80-90 per cento il frutto delle decisioni degli imprenditori edili, più o meno bravi, più o meno avventurosi, più o meno speculatori o predatori. E pensare che queste città nascono su terreni privi di qualsiasi difficoltà, su pianure piatte e “servite” da canali che avrebbero potuto diventare elemento ornamentale (avete mai visto, almeno in fotografia, San Antonio, Texas, attraversata dal fiume omonimo, divenuto luogo di piacevoli soste, pieno di verde, percorribile in barca, dalle sponde ciclabili e arredate di locali graziosi, panchine, ristoranti e caffè: il fiume è poco più che un nostro Rio Martino?). I nostri canali sono, invece, scolatoi pubblici, poco meno che fogne, quando non sono stati cementati da palazzi. Torniamo al tema del convegno: è vero che chi parla oggi appartiene ad una classe anagrafica diversa da quella che ha “trasformato” le città di fondazione, e quindi è più facile parlare criticamente. E’ vero anche che sono scomparsi i politici che avallarono col loro silenzio e la loro delega che i costruttori di palazzi si impadronissero delle nostre città. Ma questo non fa dimenticare che anche negli ultimi 15-20 anni è proseguita la distruzione d’identità di quelle antiche e originali “città del razionalismo”. E se Aprilia all’epoca della sua distruzione bellica (1944) contava circa 2000 abitanti, sparsi nella campagna, Latina aveva già 20 mila abitanti, aveva qualche pretesa da accampare, anche perché era già capoluogo di una provincia che oggi sta per scomparire. E queste amministrazioni sono state tutte di destra, e tutte hanno badato bene a ricordare diligentemente le date “storiche”, la sacralità dello stile razionalista (che non è né fascista, né italiano, ma tedesco) ma non hanno mai badato se di quella “storicità” restava qualcosa. Ho provato a fare un elenco di soppressioni di palazzi “antichi” (non solo le case del fascio (ad Aprilia, dove è scomparso anche lo stesso municipio) e di alterazioni di quei palazzi (l’ultima è la moda del Comune di Latina di autorizzare, da alcuni anni a questa parte, la perforazione delle pareti di quei palazzi razionalisti, per far spurgare all’esterno le condense dei condizionatori d’aria, allagando i marciapiedi; o di soffiare aria calda sul volto di chi percorre quei marciapiedi). Questi amministratori non hanno il diritto di celebrare retoricamente le ricorrenze che ignorano nei fatti, ossia nei comportamenti politici ed amministrativi. Ma anche Ingegneri ed Architetti hanno qualche mea culpa da confessare. Sarà interessante ascoltare il convegno di Aprilia, che a Latina non si è mai pensato di organizzare.

 

11 Febbraio, 2014 - 1 Commento

Turismo da crisi globale

Turismo da crisi globale

Finalmente comincia a capirsi qualcosa sull’andamento del turismo nel 2013. Disponendo di qualche conoscenza professionale (il sottoscritto ha questa balzana pretesa), non ci voleva molto a capire che l’Italia è in costante declino, che c’entra sicuramente con la Global Crisis, ma che ha moltissimo a che vedere con il modo raffazzonato, incompetente e costosissimo con il quale si gestisce questo formidabile settore dell’economia nazionale (e regionale). I dati (v. Il Corriere della Sera del 9 febbraio 2014, un paginone di notizie ricavate da Eurostat, Travel&Tourism, World Economic Forum e Organizzazione Mondiale del Turismo) sono impietosi: l’Italia ha perduto il 4,5% dei pernottamenti (nel gergo statistico del turismo si chiamano “presenze”). E se Roma “esplode” con incrementi che non hanno genitori verificabili, vuo, dire che è una eccezione che non spiega perché da anni non nasce un albergo serio e, soprattutto, di dimensioni adatte a quel fluviale incremento turistico che vi si verificherebbe. E perché non vi sia nato un Tour Operator di livello europeo. La verità è che è fallito il rapporto tra decentramento e pilotaggio dei grandi fenomeni economici. E siccome si sta ripensando a quel Titolo V della Costituzione che qualche anno fa ha ingigantito i poteri regionali anche in materia di Turismo, frantumando e annientando una Politica Del Turismo, forse potrebbe essere l’occasione buona per rimettere mano al problema. Radicalmente. Una volta si diceva che il Ministero del Turismo non serviva a nulla, ma abbiamo finito paradossalmente per rimpiangerne la dipartita: almeno faceva una sola legge che valeva per tutti, e disegnava uno scenario di organizzazione turistica che valeva per tutta l’Italia. Invece è stato “democratizzato” il Turismo, decentrandolo alle competenze delle Regioni. Che si sono messe a fare esperimenti di ingegneria organizzativa e che in 40 anni (ne è passato di tempo!) non solo ancora finiti, e sono riusciti solo a smantellare i risultati dei propri esperimenti, sostituendoli con altri. Sermpre meno credibili. Ma con una costante: la spesa per “promozione” (che dovrebbe significare sviluppo) è cresciuta a dismisura, ma l’Italia appare agli occhi dei nostri potenziali clienti (i Grandi Operatori o i molto più numerosi clienti “individuali”) con con una immagine unica, ma come una frammentazione incomprensibile di cucine tipiche, di prodotti tipici, di costumi tipici, di musiche tipiche, di musei tipici e altre tipicità che costano ,montagne di soldi, di “globali” missioni all’estero, di mazzette che girano, di sprechi. Agli sprechi nazionali, poi, si sono aggiunti quelli che conferisce la Comunità Europea per progetti che non si attuano o che non hanno alcuna capacità di impatto e di risultato. Non c’è un modello di progetto turistico che sia mutuabile per il “prodotto Italia”.

Nello specifico, il Lazio, purtroppo, sta ancora leccandosi le ferite inferte dalla Giunta Polverini, che non ha mai amato il Turismo, ma finora non si è messa mano ad una riforma qualsiasi. Ci si accontenta di piangere sui disastri lasciati e trovati. In sintesi: è stata distrutta l’esperienza di alcuni piccoli e volenterosi enti autonomi provinciali (gli EPT, le APT), ma è rimasto il personale, che costa esattamente come nel passato. Con l’aggravante che i piccoli e assai poco costosi entini locali (che almeno producevano qualche opuscolo corretto e informato e, soprattutto, facevano conoscenza statistica “vera” e non farlocca, e garantivano unitarietà di classificazione alberghiera e tutela del turista da operatori improvvisati; e davano informazioni oggi irricevibili) sono stati sostituiti da una sontuosa Agenzia Regionale per il Turismo, segnalatasi per un vorticoso avvicendamento di dirigenti – a volte totalmente a digiuno della materia che dovevano governare – e arricchitasi di un polposo contingente di dirigenti, funzionari, impiegati d’ordine che spesso si sono aggiunti a sommati quelli che già c’erano (e che sono rimasti, alla faccia della dichiarata spending review). Per tornare al discorso iniziale: sappiamo, ora (e non dagli enti deputati), che l’Italia è in calo vertiginoso. Non è una notizia. Ma purtroppo è una notizia. Brutta.