29 Agosto, 2014 - Nessun Commento

QUEI DUE LITRI DI OLIO REQUISITI
DALLA POLIZIA PARTIGIANA

POLIZIA PARTIGIANA

Dalle non molte carte che mi sono rimaste di mio padre, è saltato fuori all′ improvviso, un foglietto bianco con una intestazione che gli ha attribuito un significato che, nelle precedenti volte in cui mi era passato tra le mani, non avevo notato. L′ intestazione  “COMANDOPOLIZIA PARTIGIANA – Lavezzola (Ravenna)”. Sul foglietto, cinque righe scritte a mano con grafia leggibile, concluse da un timbro tondo con la stessa scritta dell′ intestazione (il fascino dei timbri è noto in Italia, ma anche in tempo di guerra, o quasi). La data è altrettanto significativa: 24.8.1945, tre mesi appena dopo la conclusione delle ostilità. Lo scritto a mano dice: “Oggetto: requisizione. Il Signor Sottoriva Emilio è stato posto al fermo del nostro posto di blocco, qui a Lavezzola, dove è stato requisito di due litri di olio ne rimane per lui 9 litri: costatando i bisogni che occorre e necessita la propria famiglia, si prega di non requisirle più nessun litro a suo carico”. Si riuscirebbe anche a intravvedere il nome della firma, ma qui non vale la pena citarlo. Che cosa ci facesse mio padre nel 1945 nella a noi sconosciuta Lavezzola di Ravenna, non saprei proprio dire, né saprei dire se la richiesta del Comando Polizia Partigiana che gli aveva requisito quei due litri di olio sia stata ascoltata dai successivi posti di blocco, e se, quindi, mio padre sia riuscito a trasportare fino a Cisterna di Littoria (si chiamava ancora così) quel prezioso alimento di cui “abbisognava e necessitava” la lontana famiglia. È un episodio che si è perduto nella confusione del dopoguerra, che per la nostra famiglia fu un prosieguo della guerra in una Cisterna demolita dai bombardamenti aerei americani e inglesi, da tre giorni di aspra battaglia tra essi e i tedeschi che ne avevano fatto una Festung (22-25 maggio 1944), la disperata mancanza di casa nostra, polverizzata dalle esplosioni e dispersa persino nelle macerie, utilizzate per tamponare le buche aperte dalle bombe sulla strtada per Nettuno che iniziava a pochi metri da quella stessa casa. Cisterna era un fantasma, ed era un fantasma reso pericoloso da migliaia di mine disseminate dappertutto, da depositi di armi ed esplosivi lasciati dai due eserciti che vi erano rimasti contrapposti dalla fine di gennaio fino a maggio 1944; dalla penuria assoluta di generi alimentari, anche se cominciava a circolare quella polvere verde che chiamavamo “polentina”, ottenuta dalla sfarinatura di piselli, distribuita dagli alleati e che per noi bambini era gustosissima. La fame rende tutto più appetitoso. È più che plausibile che mio padre – non so con quale mezzo e in quali circostanze – si sia recato da Cisterna in Romagna, e che, magari abbia colto un′occasione per procurarsi quegli 11 litri di olio (ma anche da noi si coltivano olivi) sottoposti alla requisizione che, però, salvò il grosso del provvidenziale acquisto. So per certo che mio padre non faceva il “borsaro nero” e, perciò, a parte il piccolo valore storico di quel foglietto, resta la soddisfazione di aver ricostruito anche un attimo sconosciuto di una vita che dalla natìa Bolzano e dalla Rovereto della sua infanzia e adolescenza, lo portò prima sul bordo della Palude pontina, dove conobbe e sposò mia madre, e poi in giro per Africa coloniale e Albania, dove diresse cantieri per costruzioni di opere pubbliche tra Valona e Tirana. Ma questo non interessa a nessuno, tranne me.

20 Agosto, 2014 - Nessun Commento

MARE NON BALNEABILE E CAMPIONAMENTI
UNA IMMAGINE SPESSO DISTORTA

AREA NOSTRALATINA – Goletta Verde di Legambiente è stata spesso al centro delle critiche più che dei pur meritati elogi. Con i campionamenti delle acque balneabili fatto durante la stagione del turismo, dei bagni, delle vacanze non aggiunge certo punti alla graduatoria delle eccellenze nell’ospitalità del Paese. Nel 2014 non è stato diversamente. Qui interessa il Lazio, che lungo i suoi oltre 300 km. di costa ha denunciato un 75% di prelievi sfavorevoli. A dirla così, brutalmente, sembrerebbe che ben 225 km di mare costiero siano infrequentabili. Il che, ovviamente, non è. A dirla In tutta franchezza, questo modo di comunicare è fuorviante per qualche buon motivo, Ad esempio: i prelievi lungo gli ottomila km di costa italiana sono stati 124, forse un po’ ristretti, tenuto conto della sua grande varietà. Inoltre, Legambiente dichiara che la maggior parte dei suoi prelievi sono stati eseguiti alle foci di fiumi e canali o presso porti e scarichi, Ora, il legislatore italiano fin dagli anni Venti del Novecento ha dichiarato non balneabili le foci dei fiumi e gli specchi acquei portuali, per ragioni che erano facilmente intuibili all’epoca e che lo sono ancor più oggi. I fiumi non sempre sono immagine di una risorsa ricca; a volte essi sono anche il veicolo di immondizie prodotte altrove rispetto al mare, soprattutto da Comuni interni, e dal costume (cattivo) di chi vive lungo gli estesi tratti di campagna che essi percorrono di affidare alla loro corrente il servizio di smaltimento dei rifiuti non assicurato da chi dovrebbe provvedervi. Beh? e allora? E allora questo significa che, non essendo stata abrogata l’antica legge, il problema è innanzitutto di non affidare a quei prelievi, che sono sospetti per definizione legislativa, il compito di dare l’immagine della rispettabilità balneare dell’Italia. E’ una partita persa in partenza, perché si sa che là ci sono le cose peggiori. E non pare giusto che quell’immagine complessiva si formi da quelle che, in fondo, sono eccezioni. Altro, invece, è considerare l’inadempienza di Comuni, enti pubblici, società di servizi, private o partecipate, che sono una nota riserva di caccia all’euro soprattutto per i partiti – e soprattutto per qualche partito – e che non vengono ricondotti alla ragione, continuando a succhiare denaro ai contribuenti senza dare i risultati che sono obbligati a dare. Proviamo a cambiare comunicazione, per non raddoppiare il danno a chi lavora e vive di turismo. Almeno d’estate.

 

14 Agosto, 2014 - Nessun Commento

POSTE ITALIANE SALVA ALITALIA MA DIMENTICA DI CONSEGNARE LA POSTA

dov'è la postaLe Poste Italiane mi hanno ignorato per una intera settimana. Non mi hanno consegnato una cartolina, una lettera, un avviso pubblicitario, un invito a versare una somma in favore di chi ne ha bisogno, un invito a qualche noiosa conferenza. Nulla di nulla.  Qualcuno potrebbe osservare: forse nessuno ti ha spedito nulla e, allora, che pretendi? Risponderei che ho un metodo infallibile per contare i giorni in cui l’Ufficio postale di Latina o i postini di Latina non compiono il servizio per cui sono stati istituiti, e per il quale noi contribuenti li paghiamo: sono abbonato a un quotidiano. E quel quotidiano oggi mi viene consegnato al ritmo di cinque copie (tutte insieme) per ogni settimana (cinque perché l’abbonamento non comprende la copia domenicale, presumendo che le Poste italiane non consegnino nei giorni festivi; e perché quel quotidiano non esce il lunedì).  E il portiere non nasconde la posta. Quindi so per certo quante volte a settimana il postino bussa al mio portone. Quasi mai due volte, forse una sola. Ed è decisamente troppo poco. Non è un servizio, e neppure un mezzo servizio. E’ una omissione. E’ una cosa che capita, quando ne ha voglia l’ufficio consegne.

In queste settimane si è fatto un gran parlare dell’acquisto di quote della società Alitalia-Etihad da parte di Poste Italiane, che è uscita fuori come una sorta di salvatore della Patria aeronautica (fatti salvi gli accertamenti della UE sulla compatibilità di tale operazione). Bene: quei soldi sono anche i nostri, ma noi contribuenti italiani non siamo solo imbroglioni ed evasori fiscali. Siamo, in generale, persone per bene e molto pazienti e disposte a perdonare anche i Consiglieri regionali del Lazio che percepiscono fior di pacchi di denaro per “vitalizi” che vengono loro erogati a 50 anni, mentre noi comuni mortali percepiamo pochi spiccioli solo alle soglie del nostro decesso. Ebbene: ma Poste Italiane, anziché concorrere come se fosse un emiro arabo al salvataggio Alitalia, non potrebbe impiegare quelle stesse risorse per far funzionare il servizio al quale è deputata? Sarebbe interessante se qualcuno ce lo spiegasse.

 

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