I PINI PONTINI, DA SCENOGRAFICI
A POTENZIALI ASSASSINI
Forse sta giungendo al suo naturale termine biologico l’era dei pini “fascisti”, quelli che furono generosamente piantati all’epoca della bonifica pontina. Erano gli alberi più rapidi a crescere, che garantivano un po’ di verde là dove l’Opera nazionale Combattenti aveva fatto il deserto vegetale, spiantando quasi 15 mila ettari di foresta di querce, e pensava di metterci “una pezza” ricorrendo a questa bella, elegante, ma pericolosa pianta. Ne furono impiantate alcune migliaia di esemplari lungo la via Appia, lungo le strade provinciali e interpoderali (mentre contemporaneamente venivano impiantati i filari di eucaliptus come barriere frangivento: e anche gli eucaliptus sono piante rapide a crescere, ma pericolosamente fragile, anche se ritenute miracolose contro le zanzare malarigene).
Il cattivo tempo di questi giorni, con la pioggia che ha inzuppato il terreno rendendolo molliccio e instabile, e il vento che ha spazzato le belle chiome arboree trasformandole in formidabili vele capaci di abbattere i pur robusti tronchi pinacei, ha fatto scattare l’allarme. Nella sola città di Latina sono cadute una decina di piante, e per di più nel centralissimo viale Mazzini (una è caduta addirittura su un palazzo). Fortuna ha voluto che non ci siano state vittime, ma è veramente il caso di continuare a scommettere sulla fortuna? Altri dodici pini sono stati abbattuti a raffica sulla via Litoranea, tra Borgo Grappa e Bella Farnia, ma, soprattutto, lungo la via Appia centinaia e centinaia di piante espongono gli automobilisti al rischio di diventare polpette. Alcuni anni fa una ventata ne buttò a terra 30 o forse 40 o anche più, mettendo fuori uso la Statale n. 7 per qualche giorno. E altrettanto e uguale pericolo suscitano i pini, pur maestosi e scenografici, che accompagnano la via Epitaffio, da Latina alla sua stazione ferroviaria di Latina Scalo, località che ha fatto registrare altre cadute di piante. Se solo si dà uno sguardo ai tronchi e alla loro “postura”, ci si rende conto di quante poche certezze diano quei formidabili tronchi che a volte assumono inclinazioni che suscitano seri pensieri. E quando non è il vento a fare di quei bei pini altrettante armi micidiali, sono le radici superficiali, che in primavera sventrano strade, bordi stradali e banchine. Ne sa qualcosa l’Anas, martoriata dalle riparazioni stradali a causa di quelle radici, e che ben volentieri vorrebbe assumersi una spesa per tutte: sostituire i pini con più autoctone querce, magari lecci, che crescono molto più lentamente, ma sono vigorosi nell’impianto sul terreno, e hanno un ciclo vitale infinitamente superiore ai 100-120 anni dei pini. In terra pontina abbiamo pini pericolosi, anche perché sono quasi al termine del ciclo vitale, o sono stati indeboliti alla base anche dagli incendi estivi. Ci sarà pur qualcuno che decida di interessarsi di questa non secondaria faccenda?