I SETTE MARINAI DI GAETA
CHE RESERO OMAGGIO NEL 1945
ALLA TOMBA DI MAFALDA DI SAVOIA
Un libro del giornalista di “Repubblica” Marco Ansaldo, recentemente èdito (Il falsario italiano di Schinlder. I segreti dell’ultimo archivio nazista, Rizzoli) dà conto di una esplorazione nel mega archivio nazista allestito a Bad Arolsen (Assia, Germania), e che è la sintesi di tutte le cose orripilanti nate dalla follìa nazista. E’ un libro che si legge bene, anche se prende alla gola, e che non ha nessuno dei difetti che qualche storico di professione gli addebita, per il semplice fatto che il taglio cui è ispirato è informativo. Ed è efficace. Ma non intendo qui spiegare perché sono dalla parte di Marco Ansaldo e del suo libro, e non delle critiche che non comprendo. Lo cito semplicemente perché tra le tante storie in esso contenute c’è anche quella della misera fine di Mafalda di Savoia, secondogenita figlia di re Vittorio Emanuele III, andata sposa a Filippo d’Assia, e, perciò, divenuta, ahimé, cittadina tedesca. Rapita (letteralmente) a Roma, sia pure con un sotterfugio, finì a Buchenwald, dove morì in seguito ad un intervento chirurgico praticatole per amputarle un braccio ferito nel corso di un bombardamento aereo sul campo di sterminio. Mafalda fu poi sepolta nel cimitero di Weinar. E qui si spiega questa notizia. Dopo la liberazione del campo di Buchenwald da parte delle forze alleate, tra gli internati furono riconsegnati alla libertà anche sette marinai di Gaeta. Ed essi si resero protagonisti di una piccola, ma significativa azione d’amore che qui si vuole ricordare.
Intanto i loro cognomi: Magnani, Mitrano, Colaruotolo, Pasciuto, Avallone, Fusco, Ruggeri. Essi, venuti a conoscenza che la loro compagna di campo di concentramento era morta, in un gesto di umana pietà verso la sua sfortunata vicenda, vollero recarsi nel cimitero di Weimar e, individuata la tomba, onorare la memoria della sfortunata principessa apponendo un loro ricordo: una croce intagliata nel legno di faggio (Buchenwald significa, appunto, bosco di faggi) ed una lapide di marmo che reca l’epigrafe: A Mafalda di Savoia i marinai della città di Gaeta…” e i loro sette nomi. Essi commissionarono croce e lapide ad artigiani tedeschi, pagandoli con forme di pane, visto che i loro “fornitori” non vollero, in cambio, gli ormai inutili marchi tedeschi. Quel segno di un affetto che superava anche le soglie tragiche di un tragico fine guerra e fine delle stragi naziste, ci sono ancora oggi, perché hanno seguito la salma che la Famiglia d’Assia ha deposto nel cimitero del borgo di Cronberg.