UNA CITTA’ SOTT’ACQUA
Nei giorni scorsi ho voluto fare una passeggiata sotto la pioggia. E mi è venuta in mente quella vecchia canzone dei miei anni verdi, Singing in the rain. Ho fatto una ventina di minuti di passeggiata sotto la pioggia (era una passeggiata motivata da impegni), tra centro e Circonvallazione. Ho capito di aver fatto uno sbaglio. Non si può passeggiare (diciamo anche, non si può camminare) nel centro di una Città che non ha ancora compiuto il secolo di vita ed è già vecchia come una città medievale. Con l’aggravante di non avere la ricchezza
architettonica e ambientale di una città medievale. Sicché Singing in the rain è diventata Blaming in the rain. Il compianto Paolo Portoghesi definì una volta Latina come “città delle acque”. E voleva dire che era una città fortunata, nata dal palude ma diventata una città moderna. A me, oggi, giorno di pioggia, è sembrato tornare indietro di almeno novant’anni, al tempo della pre-bonifica. Latina, anzi all’epoca Littoria, era la città dell’acquitrino, del padule, di Piscinara, di alcune migliaia di ettari di acqua stagnante, putrida. Ma meno romantica di oggi. Oggi c’e anche il delicato tocco dell’autunno-inverno, con il marrone-giallo delle foglie di platano, che le donano un tocco di selvatico, ma non piacevole. Ve ne sono troppe, decine di tonnellate, per essere romantiche. Sono, semplicemente, sintomo dello “sciatto e sporco” che una città che è stata premiata da una legge per spegnere le cento candeline tra otto anni, non meritava. Quei 10 milioni di euro (un milione l’anno) che ci daranno quando scoccherà l’anno di grazia 2032, serviranno solo per tappare i buchi aperti da una gestione del tutto inesistente della città di oggi. Camminare su un marciapiede sommerso da un materasso di foglie bagnate equivale a fare un corso di laurea in equilibrio. Ed è il modo con cui gettare nella mondezza un paio di scarpe. Camminare su un marciapiedi in un giorno come oggi, di pioggia, significa sfidare la legge del galleggiamento, perché quando sei costretto a lasciare il marciapiede per attraversare la strada o per cambiare itinerario, ti guardi attorno smarrito: sei circondato da un mare di acqua fetida, imputridita dalle foglie marce, dalla polvere della strada, da tutte le schifezze che neppure una pioggia insistente riuscirebbe a depurare. Laghetti, fosse, fanghiglia, fango, melma, palta, putredine ti confinano sul marciapiedi divenuto un’isola preziosa, dalla quale non puoi fuggire perché non hai le gambe lunghe tre metri per scavalcare le pozze d’acqua che impaludano la strada dove le foglie hanno intasato tutte le caditoie. E sei già fortunato se non passa – a velocità sostenuta, come accade su tutte le strade urbane di Latina – un autoveicolo che attraversa la fossa, il pantano e ti irrora con un’ondata di fanghiglia.
Latina, tempo di Natale. Vorrei tanto offrire un piccolo omaggio a quel consigliere di maggioranza, assessore, e anche alla Sindaca, se compissero – come è capitato a me – un tentativo di passeggiare per Latina sotto la pioggia. Perché i casi sono due: o consiglieri e membri della giunta non vedono attorno a sé come stanno gestendo la nostra Città; oppure non camminano mai a piedi e, quindi, non conoscono la loro Città. E quindi non sanno amministrare. Per amministrare bisogna conoscere. C’è ancora tempo per imparare.