RIEMERGE DALLA SABBIA UN FRAMMENTO DELLA DIGA SETTECENTESCA DISTRUTTA NEL CANALE DI SABAUDIA
Poco dopo la metà di luglio, dalla sabbia della spiaggetta di Torre Paola, alla base occidentale del promontorio dei Circeo, in Comune di Sabaudia, è riemerso un frammento del passato monumentale di questa splendida area. Si tratta di un pezzo della epigrafe che ornava e documentava la grande diga che i papi del Settecento fecero costruire sul canale di navigazione romano che dal mare di Torre Paola conduce al lago omonimo, adagiato lungo la moderna città. La diga serviva a frangere l’ impeto dei marosi e impedire che essi si riversassero con tutta la loro forza nello stretto canale, minandone alla base le forti banchine dell’ antico porto romano, e mettendo a repentaglio la miracolosa stabilità e l’ incredibile equilibrio che nei secoli ha tenuto ferma al suo posto la montagna di sabbia e di duna che si alza ai lati dello stesso canale. Se la duna cedesse, essa si riverserebbe e colmerebbe il canale, interrompendo il ricambio vitale dell acqua di mare e del meraviglioso bacino interno. Per contro, la diga, vista dalla parte interna, fa da barriera al defluire indistinto delle acque lacustri nel mare. Un tempo solo per impedire una evasione dei pesci che vi si allevavano nella Azienda Vallicola del Lago di Paola; oggi (anzi, ieri) per proteggere lo specchio lacustre.
Due volte dal Settecento la diga è stata violata: durante l occupazione nazista della Pianura Pontina dopo l’ armistizio dell’ 8 settembre, e quello fu un mero atto di teppismo bellico e di vandalismo ignorante, perché far saltare in aria quella diga non procurava alcun vantaggio al progetto di allagamento messo in atto dalle truppe per frenare l avanzata alleata. La seconda volta è stato negli anni Novanta del Novecento, quando uno dei proprietari del lago, con un colpo di mano notturno, demolì la diga (nel frattempo ricostruita con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno) allo scopo di eliminare un ostacolo alla navigabilità del canale e alla portualizzazione del lago. Nessuno ha imposto al demolitore la ricostruzione del monumento.
Come si accennava, la grande epigrafe dedicatoria apposta nel Settecento a ricordo e a spiegazione della erezione dell opera, volò in pezzi e nessuno si preoccupò, dati i tempi di guerra, di tentarne un recupero, neppure quando fu riedificata la diga. Quel frammento riemerso dalla sabbia appartiene a quella epigrafe, e ne costituisce preziosa testimonianza. E’ stato recuperato e ci si augura che possa figurare nel Museo del Mare e della Costa di Sabaudia.