EUROPA MIGRAZIONE E VERGOGNA
Ma è proprio questa l’ Europa che aspettavamo? Quando Altiero Spinelli concepì, discusse e scrisse, insieme ad Ernesto Rossi e a Eugenio Colorni, Il “Manifesto per un’ Europa libera e unita”, aveva chiari davanti alla mente sia lo straordinario potenziale politico, economico, sociale di una federazione degli Stati Europei; sia le straordinarie difficoltà di giungere a quel risultato nelle condizioni in cui versava in quegli anni l Europa degli Stati. Era il 1941, l’ Italia era entrata in guerra da circa un anno e le forze dell’ Asse sembravano non trovare alcun ostacolo alla loro micidiale potenza, ai grandi risultati della “nuova guerra del blitz”, alla incapacità di difendersi in cui Francia e Inghilterra si erano fatte cogliere.
Era una scommessa destinata alla sconfitta, quella che i tre giovani politici, tutti confinati nella splendida e solitaria isola di Ventotene avevano concepito e si apprestavano a far circolare, tutto malgrado. Basterebbe andare a rileggere i documenti redatti dalla polizia confinaria, dalla Prefettura di Littoria, dal Ministero dell’ Interno per comprendere quanto fosse potente la macchina repressiva del fascismo mussoliniano, che lo scrittore-giornalista Joseph Roth (autore delle ironiche ed allarmate corrispondenze dall’ Italia fascista e dello splendido libro “Kapuzinenkirche”), aveva illustrato in tutti i suoi malati, ma efficienti dettagli.
Eppure, l’ utopia dell’ unità dell’ Europa finì per cominciare ad assumere le vesti del realismo, prima con i singoli trattati, poi con un coordinamento economico e finanziario che tuttavia non è mai riuscito a raggiungere la maturità del coordinamento politico. Paradossalmente, le diffidenze dei nazionalismi sopravvissuti, riprendeva fiato proprio nel momento in cui esso sembrava essere stato schiacciato dalla nasciti dell’ Unione Europea, del Parlamento e del massimo dei risultati coordinati ottenuti, Maastricht, Schenge e la Banca Centrale Europea.
Tutto questo per dire che, malgrado i lenti e faticosi progressi, l’ Europa “di tutti i giorni” è riuscita assai spesso a deludere, sopraffatta dalla grande potenza schierata in campo dalla iper-burocrazia, che ha marciato in direzione delle grandi lobbies, più che dei cittadini. Basti pensare ai grandi interessi tutelati per i gruppi produttivi a danno delle aziende di eccellenza nel campo genericamente alimentare.
Ma dove l’ egoismo di “questa” Europa si è sentito in tutta la sua allarmante ferocia e in tutta la sua mancanza di prospettive è stato nella gestione della crisi economica e, come riflesso di quella, nella gestione dell’ allerta Migrazione.
Intanto l’ Europa ha dimostrato alcune paurose lacune: ha dimenticato che i Popoli europei sono figli di un altra grande migrazione che millenni or sono ha trasformato il vecchio Continente in una ribalta paleontologica (siamo spesso figli dei migranti africani di quella gigantesca migrazione); ha dimenticato che per uno o due secoli si è fatta ricca depredando le materie prime e annientando lo sviluppo dei processi di crescita politica locale usando la tragica arma del colonialismo rozzo, prepotente, sanguinario; ha dimenticato che i poveri debbono essere aiutati a crescere in autonomia, non a diventare occasione di sprechi e di scialacquamenti attraverso aiuti “umanitari” che servivano solo a creare le prime ricchezze dei corrotti e dei mediatori dei fiumi di denaro erogati per non insegnare ai nuovi Africani a creare fabbriche e a imparare a pescare (per sintetizzare al massimo).
E ha dimenticato, la “religiosa” Europa del Cattolicesimo e della Riforma che i poveri non possono essere ignorati, perché vi sarà sempre un povero che batte alla porta.
E da chi viene il rifiuto di quei poveri che chiedono di essere aiutati: proprio dagli Stati di Europa che definiamo “più civili”, dai popoli del Centro Nord Europa, che un tempo erano essi stessi poveri e che sono diventati ricchi anche mercantilizzando le “occasioni africane” che oggi respingono, affidando alla sola Italia la soluzione di problemi che vanno affrontati cooperando tutti insieme. Se l’ Italia è la più grande “zattera di salvataggio” dei migranti marini, non si può pensare che solo su questa zattera possano risolversi i problemi. Tutto finirebbe come sulla tragica zattera della Medusa che Theodore Gericault dipinse simboleggiando in essa le conseguenze dell isolamento, della morte, della incapacità di aiutarsi.
Quanto alle orrende scelte politiche che alcune Regioni italiane in mano alla destra paranazista di Maroni, Zaia e Salvini stanno compiendo, meglio far calare un pietoso velo di silenzio. Più se ne parla e più vergogna se ne sente.