LE RACCOMANDAZIONI OGGI E IERI
Qualche giorno fa (ed anche qualche mese fa) su questo blog sono state espresse mie opinioni, per quel che valgono, sulla soppressione delle Province. E’ chiaro che il mio personale riferimento era alla Provincia in cui vivo, quella di Latina. A volte, però, emergono fatti che ti inducono a chiederti se sei nel giusto. Il fatto che mi ha indotto a questa riflessione viene dalla cronaca e dice che nella Provincia di Latina (intesa come amministrazione, non come circoscrizione geografica) sarebbe stata ripetutamente praticata la non nobile arte della raccomandazione, cosa che potrebbe anche non suscitare scandalo, se essa non fosse stata orientata a favore di due precise categorie, a prescindere dal merito: i parenti propri e degli amici; i politici (anche quelli in carica!), i parenti dei politici e gli amici dei politici e dei loro parenti. Anche a costo di suscitare riprovazione, tanto è evidentemente brutale la cosa. Il mio ripensamento non riguarda il fatto che in questa Provincia, stando alle cronache (non smentite) sarebbe stata praticata l’arte non nobile della raccomandazione in dimensioni industriali, perché quella non nobile arte si pratica anche nei Comuni, nelle Regioni (oltre che nello Stato e nelle società a partecipazione pubblica). Il sentimento che prevale in questi casi è, invece, quello della delusione per constatare che persone nella cui professionalità e capacità si aveva stima, si comportano in questo modo. Gli interessati potrebbero ribattere: questa è la politica, e così dobbiamo fare per coltivare il consenso. Cosa comunque non guardabile, oltre al fatto che sarebbe ben sconsolante consenso quello che si dovesse acquisire non nelle file avversarie, ma in quelle di casa propria, segno evidente che la compattezza politica è cosa labile e inaffidabile. Insomma, le cose stanno così, secondo le cronache, non smentite.
Il commento lo lascio non ad una parabola evangelica, ma allo scritto di un educatore, Alessandro Marcucci, che diresse l’Ente (morale per i contadini dell’Agro romano e delle Paludi pontine. Egli aveva dovuto rivolgersi al principe Gelasio Caetani, proprietario terriero, per chiedergli la disponibilità di un ettaro di terreno per poter impiantare (era il 1929!) una scuoletta da dedicare a Giovanni Cena in ricordo della sua missione e a godimento dei poveri figli dei “guitti” che lavoravano e morivano di malaria in Palude pontina. Gelasio aderì alla richiesta, ed, anzi, consentì anche che si cavasse da una sua cava il pietrame necessario a costruire la scuola. Gratuitamente. Questa sua indubbia generosità parve autorizzarlo a raccomandare una insegnante appartenente ad una famiglia di Cisterna che egli conosceva bene. Immaginava che Marcucci gli rispondesse profondendosi in salamelecchi, di fronte a quella raccomandazione che gli veniva da un uomo verso il quale, bene o male, aveva contratto un debito di gratitudine. E, invece, Marcucci rispose così a Gelasio Caetani (che era stato anche deputato e sarebbe diventato senatore). Dopo avergli scritto che tutti i posti erano già coperti e non si poteva levare uno per beneficiare il raccomandato, Marcucci aggiunse: il posto viene assegnato “solo ad insegnanti che hanno diritto di anzianità e un titolo di studi agrari [che evidentemente la raccomandata non possedeva] , essendo tutte scuole-modello con campicelli dimostrativi…”. E proseguiva: “Occorre, dunque, che la XY , se chiamata, segua la via ordinaria, qual è stabilita dai nostri regolamenti e dalle superiori esigenze di un insegnamento rurale, che nelle nostre scuole è curato in modo particolare”. Un modo per declinare la richiesta fatto con signorilità e, soprattutto, con giustizia e onestà. Senza cercare consensi.